Il palazzo è quello dove il 7 febbraio 1992 fu firmato il trattato di Maastricht, uno dei pilastri dell’Unione Europea, quello che tra le tante scelte fatte definì la cittadinanza comune e la nascita del processo che portò alla moneta unica. L’occasione è il trentaquattresimo anniversario della caduta di Berlino. È con queste premesse che Matteo Renzi arriva a Maastricht, nell’enclave olandese stretta tra Belgio e Germania, uno dei luoghi simbolo dell’Europa unita, per tenere un discorso di fronte a una platea di italiani all’estero, tra cui molti giovani in Erasmus.

Europa, l’ultima speranza

Il messaggio è chiaro: “Se la storia ci dimostra che l’Europa allora era un sogno necessario, oggi la stessa Europa è l’ultima speranza per riuscire a costruire un pianeta nel quale la nostra terra non sia soltanto una spettatrice dello scontro tra Stati Uniti e Cina”. Ed ancora: “Oggi più che mai che gli Stati Uniti d’Europa sono un obiettivo per noi ancora vero e valido”. Il messaggio è chiaro: le regole del gioco devono cambiare, serve l’elezione diretta del presidente della commissione, serve l’esercito europeo e serve una politica estera forte e comune, perché “oggi la politica estera UE è un fantasma, è un insieme di documenti burocratici che non producono nulla”. “Noi – ha concluso l’ex premier -, non siamo l’Europa che ricorda le intuizioni dei padri, siamo l’Europa che vuole accarezzare i sogni dei figli. Per ogni Ulisse che innova c’è un Telemaco che è chiamato a rilanciare quell’eredità e quel Telemaco sono i ragazzi della nuova generazione che tra 30 anni a Maastricht potranno forse raccontare come l’Unione Europea è tornata a giocare un importante ruolo”.

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