Maturità, adeguate le tracce della prima prova?
Maturità, tracce inadeguate: utilizzare un tema come attacco politico è scorretto

Che la maturità faccia discutere ci sta. Anzi. È un bene. È un rito di passaggio importante che coinvolge presto o tardi quasi tutti. Che facciano discutere le tracce e le scelte è naturale, ogni anno nel bene e nel male si prova a segnare un po’ l’orientamento. Che poi si discuta anche della formula per l’esame, e dell’esame stesso, se abbia senso farlo scritto, se abbia senso farlo, se non sia meglio semplicemente tirare le somme dei cinque anni è forse uno degli aspetti più rilevanti su cui sarebbe forse utile favorire una riflessione e un confronto non banale e fuori dalla contingenza. Io ricordo ancora la traccia scelta alla maturità, era la traccia di storia dedicata alla Rivoluzione industriale e all’Ottocento europeo ed italiano. L’avevo scelta proprio per gli studi fatti in quell’anno su quel tema.
Tra le tracce 2023 mi è piaciuto particolarmente Piero Angela, penso che la Fallaci sia sempre un pò tirata per la giacca – e forse non le piacerebbe – da componente dell’Associazione Mazziniana Italiana, avrei forse scelto la traccia su Chabod e il concetto di nazione da contrapporre, però, al nazionalismo nel complesso percorso di costruzione di un comune orizzonte europeo.
C’è, però, un motivo per cui questa maturità 2023 non mi convince e mi riferisco proprio alla traccia che ha per protagonista la lettera inviata, nel 2021 – durante l’emergenza pandemica e in un passato ormai alle spalle – da alcuni esponenti di istituzioni culturali ed accademiche, all’allora Ministro dell’Istruzione per criticare le modalità di svolgimento dell’esame previste durante la pandemia. Perché utilizzare una prova di esame per provare a criticare in modo nemmeno troppo velato le scelte difficili di un Ministro e di un governo – durante uno dei momenti più complessi e difficili della storia del Paese – offre un’immagine davvero poco virtuosa ed edificante dell’attuale amministrazione. Vuole essere divisiva e rappresentare una politica capace di raccontarsi esclusivamente all’interno di una perenne e sterile contrapposizione.
Mi dispiace – nonostante la telefonata di scuse del Ministro Valditara – che si sia voluto portare una questione dolorosa e complessa, come quella della gestione della pandemia da Covid-19 e le sue strumentalizzazioni da parte di alcune forze politiche, all’interno di un momento così importante nella vita degli studenti. Una scelta ancora una volta divisiva ed ideologica rivolta contro chi ha preceduto l’attuale ministro al dicastero di viale Trastevere.
Nell’ennesima polemica, centrata in questo caso anche contro la scuola dell’indulgenza (basta leggere la traccia offerta), si è persa un’occasione per provare, magari a raccontare, cosa è stata per i ragazzi e le ragazze la pandemia, l’isolamento, le occasioni perse che non torneranno, il senso di angoscia provato, le conseguenze che ha prodotto e che stanno emergendo oggi nella loro drammatica attualità. Ognuno dei ragazzi e delle ragazze che oggi si è misurato con quelle prove avrebbe tante storie da raccontare. E sul perché, in quei mesi difficili, furono adottate certe scelte legate alla maturità. Non per essere indulgenti o buonisti o per cercare scorciatoie. Ma per comprendere ed accogliere la difficoltà e la complessità di quei momenti.
Fa sorridere, tra l’altro, che contro la presunta scuola dell’indulgenza se la prendano gli stessi che oggi reintroducono i tanto criticati test a crocette nel prossimo concorso scuola. E allora sarebbe stato interessante concentrarsi su cosa sono stati quei difficili mesi per gli studenti e le studentesse. E non sull’ennesima occasione per attaccare un ministro che non è più in carica, alimentando una nuova polemica in un Paese che fa fatica a volte a ritrovarsi unito. Lo Stato, mi hanno insegnato, è uno solo anche se cambiano i nomi dei ministri. Quando si decide si discute, va bene, ma quando si è deciso si rispetta e si sostiene la decisione tutti insieme.
Con questo esame di maturità, il governo di destra – nell’ansia incontenibile di provare a definire le parole d’ordine del proprio universo culturale – ha pensato bene di intervenire, in modo grossolano, ingaggiando una polemica pretestuosa sulla peggior crisi dal dopoguerra ad oggi per giustificare la propria battaglia contro la “presunta” scuola dell’indulgenza, priva di autorevolezza. La scuola ha bisogno di investimenti seri, a cominciare dalla più tenera età, interventi qualificati sulla formazione, il reclutamento e la retribuzione dei docenti, la messa a terra degli investimenti PNRR, non di polemiche divisive buone solo per lo spazio di un mattino.
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