I leader mondiali si sono radunati al Cairo per la conferenza di pace, ore di discussioni ma alla fine non c’è stata una dichiarazione congiunta.

Troppe “differenze” di vedute sul testo tra le diverse delegazioni, soprattutto tra il fronte arabo e quello occidentale. Il primo non ha accettato di condannare Hamas senza fare lo stesso per Israele sulle uccisioni dei civili a Gaza, gli occidentali si sono rifiutati di condannare Israele o di chiedere un cessate il fuoco urgente. Uno scenario prevedibile già alla vigilia della riunione tra i rappresentanti degli oltre 30 paesi coinvolti. Presenti anche il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres e il presidente del Consiglio europeo Charles Michel.

In realtà, la conferenza era partita bene con l’apertura del valico di Rafah che ha permesso un primo ingresso di camion con gli aiuti umanitari per la popolazione di Gaza sotto assedio. Una goccia nel deserto, secondo quanto riferito dalle autorità della Striscia e di Hamas, considerando che dopo poco tempo il varco si è richiuso. Il presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi, promotore della conferenza, ha invitato i partecipanti a “lavorare insieme su una nuova road map che metta fine alla crisi umanitaria”. L’obiettivo finale, per l’Egitto, è “applicare la soluzione di due Stati che convivono pacificamente fianco a fianco, nel rispetto del diritto internazionale”. Per farlo bisogna innanzitutto evitare una escalation regionale e l’instabilità dell’area.

Un protagonista del vertice è stato il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Mahmoud Abbas che ha avvertito: “Non andremo via, non abbandoneremo la nostra terra”. Abbas ha anche chiesto all’Onu di prendersi “la responsabilità di difendere” la popolazione palestinese. La soluzione a due Stati è quella su cui convergono in molti, da Guterres a Michel, così come l’invito a Israele di rispettare il diritto internazionale nella sua difesa. A parole è l’opzione che ha riscosso più successo, anche perché in teoria il consenso c’è già da tempo. Il problema è che non si è mai giunti a una sua messa in pratica.

La speranza è che dal vertice internazionale e dai diversi colloqui bilaterali tenuti dalle delegazioni dei Paesi partecipanti possa proseguire un processo di de-escalation regionale. L’Egitto vuole continuare a guidarlo, avere un ruolo di mediatore tra Israele e Hamas. È Michel che ha sottolineato la guida di Al-Sisi: “Gli sforzi dell’Egitto per contribuire alla fornitura di aiuti umanitari a Gaza e alla liberazione degli ostaggi e dei cittadini stranieri intrappolati sono inestimabili. Avete un ruolo chiave da svolgere nel contribuire e ripristinare la stabilità nella regione”. Non che ci volesse Michel a dirlo.