La Libia cerca di tornare protagonista nel Mediterraneo e lo fa ospitando a Tripoli il Trans-Mediterranean Migration Forum, un appuntamento nato per affrontare il tema delle migrazioni e stabilire un quadro strategico di cooperazione tra Europa e Africa. Il ministro della Comunicazione del governo di unità nazionale di Tripoli ha dichiarato che questo forum rappresenta un approccio lungimirante sulla gestione dei flussi migratori e soprattutto rilancia il ruolo libico in uno scacchiere complesso come quello mediterraneo. Il ministro Walid al Lafi, che è anche presidente del forum, ha anche parlato di un lavoro continuativo e costruttivo con i paesi di origine e ha snocciolato orgoglioso la lunga lista dei partecipanti.

A Tripoli l’Italia è presente con il presidente del Consiglio Giorgia Meloni e con il ministro degli Interni Matteo Piantedosi, ma ci sono rappresentanti di Spagna, Grecia, Malta, Repubblica Ceca, Olanda, Tunisia, Algeria, degli Stati sub-sahariani di Sudan, Niger e Ciad e anche dell’Unione europea, dell’Unione africana e della Lega araba. Interessante il coinvolgimento di due Stati come Niger e Ciad controllati da giunte militari o falsi presidenti che prendono ordini direttamente dalla Russia e del Sudan, tutt’oggi in piena guerra civile e anch’esso fortemente infiltrato da Mosca.

La Libia ha visto una crescita esponenziale di partenze nel corso dell’ultimo anno, superando la Tunisia e tornando a essere il primo paese per numero di migranti arrivati in Italia. Difficile spiegare con certezza questo cambiamento, ma una possibile spiegazione sta nell’inasprimento dei controlli da parte della Guardia costiera tunisina e dalle difficoltà di controllo del territorio e del mare da parte della Libia. Il GNU, guidato da Dbeibah, controlla infatti soltanto la parte occidentale dello Stato affacciato sul Mediterraneo e anche nella Capitale si fa forte della presenza dei militari turchi e dei mercenari siriani loro alleati. La Cirenaica – la meta orientale della Libia – è ancora controllata dal governo di Tobruk che ha eletto un Parlamento senza nessun potere e che prende ordini dal generale Khalifa Haftar, vero padrone di quest’area. L’esercito di Haftar è alleato con i mercenari russi dell’ex Wagner Group, ora ridenominato Africa Corps, che hanno schierato fra Bengasi e Tobruk circa 2000 miliziani e che controllano i principali porti. L’uomo forte della Libia orientale è accusato di essere coinvolto nel traffico di esseri umani, un business enorme che serve a mantenere il suo esercito privato. Questo meeting è fondamentale per il premier di Tripoli Abdul Dbeibah per accreditarsi come l’unico rappresentante del popolo libico, ma nella lista dei paesi presenti pesano alcune assenze dovute a motivazioni geopolitiche.

L’Egitto, paese chiave per la stabilità dell’Africa settentrionale e per il Medio Oriente, è uno dei principali alleati del traballante governo di Tobruk e la sua assenza è sicuramente pesante. La Francia è un altro Stato che, nonostante il riconoscimento da parte delle Nazioni Unite del governo di Tripoli come rappresentante della Libia, non ha mai nascosto i suoi interessi in Cirenaica. Parigi non ha mai ufficialmente ammesso di aver fornito armi, addestramento e Intelligence alle forze di Haftar, anche se non sono mancati episodi imbarazzanti come la morte di tre soldati francesi sotto copertura in un incidente in elicottero nella Libia orientale. Tutto per il controllo dei giacimenti petroliferi intorno a Bengasi, la roccaforte del vecchio generale che aveva a lungo servito sotto Muammar Gheddafi. Un quadro indubbiamente complesso che però sottolinea ancora una volta la necessità di una pacificazione del paese che possa permettere all’Europa di trovare un partner affidabile.

Il ministro libico al-Lafi ha insistito nel sottolineare l’importanza di questo meeting. “Gli approcci parziali o nazionali non bastano più per risolvere le crisi migratorie che ormai affrontiamo ogni giorno, la Libia sta diventando un paese di insediamento dei migranti sub-sahariani e questo per noi è inaccettabile, sia a livello sociale che economico. Serve una visione politica unificata che sviluppi le relazioni afro-europee sul rispetto reciproco e gli interessi comuni, ma è fondamentale anche un lavoro congiunto di Intelligence in materia di sicurezza e scambio di informazioni”.

L’Italia sta già investendo in Libia una parte delle risorse del Piano Mattei e negli scorsi mesi ha firmato una serie di accordi nei settori energetici, delle materie prime critiche e della tecnologia green, ma senza un governo credibile sarà impossibile lavorare in Libia. Il Trans-Mediterranean Migration Forum, nonostante la presenza dell’Unione europea e dell’Unione africana, rischia di diventare l’ennesimo appuntamento mancato per una reale politica dedicata al Mediterraneo. La gestione dei flussi migratori resta indubbiamente un tema importante, ma serve un progetto che crei davvero un’identità unica fra i paesi che qui hanno un ruolo e che devono collaborare per una crescita reciproca.

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Matteo Giusti, giornalista professionista, africanista e scrittore, collabora con Limes, Domino, Panorama, Il Manifesto, Il Corriere del Ticino e la Rai. Ha maturato una grande conoscenza del continente africano che ha visitato ed analizzato molte volte, anche grazie a contatti con la popolazione locale. Ha pubblicato nel 2021 il libro L’Omicidio Attanasio, morte di una ambasciatore e nel 2022 La Loro Africa, le nuove potenze contro la vecchia Europa entrambi editi da Castelvecchi