Fratelli d’Italia, ovvero Giorgia Meloni, cerca sponda in Vaticano? La notizia è gustosa: abbiamo appreso, grazie a Iacopo Scaramuzzi (appena passato come vaticanista a la Repubblica) che la leader politica accreditata come prossima premier, ha incontrato il cardinale Robert Sarah. Un prelato molto conservatore, critico acceso di papa Francesco e grandissimo estimatore di Joseph Ratzinger. Che c’è da stupirsi? È tutto normale, anzi perfettamente a posto, secondo Eugenia Roccella, già portavoce del Family Day, sottosegretaria in un governo Berlusconi, ora candidata con Fratelli d’Italia. Per la Roccella c’è un’attenzione in Vaticano nei confronti della destra italiana e della sua leader.

Cosa c’è da dire? Complimenti a chi consiglia la Meloni. Evidentemente di Vaticano e di equilibri della Santa Sede capiscono proprio poco. Intanto complimenti per la confusione tra Santa Sede e Conferenza episcopale. Non sono esattamente uguali, sebbene il presidente della Cei sia di nomina papale. Certo molti vescovi hanno tratti conservatori (ma nella politica ecclesiale) e certamente all’interno della Santa Sede ci sono diversi prelati conservatori. Ma siamo sicuri che potrebbero schierarsi politicamente nel senso di dare piena adesione a un partito politico? Trovarsi a parlare di politica italiana con un cardinale guineano (sebbene da molti anni in Vaticano) forse non è proprio il massimo della comprensione reciproca. E siamo sicuri che gli schemi della politica italiana siano riproducibili tali e quali nella Santa Sede? Appartenere alla destra partitica italiana equivale alla destra ecclesiale?

Il Vaticano è composto da una vera e propria galassia di prelati, italiani e non, a volte dediti alla loro carriera ecclesiale, e non necessariamente interessati allo stremo a quanto accade in Italia. E poi – tanto per aggiungere altre domande – davvero Giorgia Meloni pensa di poter essere credibile spuntando un po’ all’improvviso nelle stanze vaticane solo perché adesso è in odore di nomina a prima ministra? Senza contare la variabile più importante: papa Francesco. Se il percorso di avvicinamento ha come finalità di agganciare il Papa, per il momento si dimostra completamente sbagliato. Il cardinale Sarah, in concreto, è certamente un prelato conservatore però è fuori dai giochi della Curia romana, non avendo incarichi e poi anche per età, avendo 77 anni, non può certo svolgere più un ruolo attivo. Se l’obiettivo è arrivare in qualche modo all’attenzione di papa Francesco, allora le modalità dovrebbero essere altre. Ad esempio avere (o recuperare) credibilità con la Conferenza episcopale italiana, in quanto primo interlocutore di un partito politico e ancora di più di un primo ministro (reale o possibile).

Per la Santa Sede, la sponda dovrebbe trovarsi in Segreteria di stato e non passare attraverso qualche prelato, fosse pure un cardinale. Se poi – ancora – l’obiettivo finale è arrivare al Papa, allora bisognerebbe anche conoscere i temi dell’ “agenda Francesco” (va tanto di moda parlare di “agende”). Quindi sapere che sul tema dei migranti il Papa ha una posizione precisa e specifica, di accoglienza e non certo di respingimenti. Sui temi sociali, per papa Francesco il lavoro, la dignità di ogni essere umano, le questioni ecologiche ed ambientali, sono al primo posto. Mai sentito parlare di Laudato Si’ e di Fratelli Tutti? Sono compatibili con un’agenda politica della destra italiana? Forse se un politico studiasse meglio – che so – la Dottrina sociale della Chiesa, integrata con una prospettiva etica (oggi si chiama Bioetica Globale, come più volte ho scritto su questo giornale) cioè tutela della vita non solo dal concepimento alla morte naturale ma anche tutte le fasi intermedie e tutte le età della vita e tutela delle condizioni di vita (salute, scuola, diritti, per dire…), allora potrebbe cogliere i temi portanti del Pontificato e comprendere meglio in che maniera muoversi. Se invece come prima “mossa” si cerca di parlare con il cardinale Sarah, vuol dire muoversi come il famoso elefante nella cristalleria.

Per non tacere poi degli slogan. Ad esempio se i consiglieri di Giorgia Meloni fossero un poco avvertiti, dovrebbero sapere che “Dio, Patria, Famiglia”, alle orecchie di papa Francesco stona proprio. Perché è affine a quel “Tradizione, Famiglia, Proprietà” in nome del quale, in America Latina, sono stati compiuti massacri di inermi campesinos, colpevoli soltanto di non voler morire di fame. E l’inventore, Plinio Corrêa, ha radunato sotto questo cartello gruppi tradizionalisti che Jorge Mario Bergoglio conosce molto bene. Insomma la Meloni sarebbe bocciata a un esame di storia del cristianesimo. Certo oggi la Chiesa cattolica è polarizzata ed è divisa, vescovi compresi. Però pensare di spuntare all’ultimo momento per farsi rilasciare una patente di credibilità – con le modalità e i contatti sopra descritti – sembra una mossa poco saggia (per usare un garbato eufemismo…).

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Giornalista e saggista specializzato su temi etici, politici, religiosi, vive e lavora a Roma. Ha pubblicato, tra l’altro, Geopolitica della Chiesa cattolica (Laterza 2006), Ratzinger per non credenti (Laterza 2007), Preti sul lettino (Giunti, 2010), 7 Regole per una parrocchia felice (Edb 2016).