L'Italia è in ritardo
Meloni fa melina, gelo con von der Leyen sul commissario Ue: dall’amore improvviso al patatrac post Europee
Il nostro paese, unico tra i grandi, è tra i cinque che non hanno ancora inviato comunicazioni ufficiali Von der Leyen attende il nome, Giorgia vuole rassicurazioni sulla vicepresidenza. Stallo a Bruxelles
Come quegli “amori” improvvisi, che scoppiano tra persone con gusti diversi. All’inizio prevale la curiosità per la novità, poi le abitudini tornano a dettar legge. E l’amore finisce velocemente come era iniziato, resta un filo di rancore per l’inganno subito. Per dire che tra Giorgia e Ursula era cominciata alla grande, tra cortesie reciproche e visite istituzionali. Molte dichiarazioni affrettate e persino qualche complimento: Ursula disponibile, modello mani tese, Giorgia cerimoniosa più del solito. Tanto che qualche entusiasta si spinse persino a titolare sull’imprevisto feeling tra le due prime donne, immaginando un ben augurante rimescolamento di carte a Bruxelles.
Dall’intesa al patatrac post Europee
“È nata un’intesa – spiegavano sottovoce gli staff, con un po’ di apprensione – Le due presidenti si capiscono a meraviglia”. Insomma, poi maledetta abitudine e l’intesa si è rotta: le cose a un certo punto hanno preso una direzione più scontata. Decisamente meno romanzata e romantica, solo cruda realtà a prevalere. Subito dopo le elezioni europee dell’8-9 giugno, infine il patatrac, i caratteri hanno preso il sopravvento: l’underdog non ce l’ha più fatta a nascondere la sua diffidenza. La tedesca è tornata a essere la “tedesca”, l’italiana per l’appunto la solita “italiana”. Così, dalla seduta di metà luglio del Parlamento europeo in cui i conservatori (e Fratelli d’Italia) hanno votato contro la riconferma della presidente von der Leyen, lo stato dei rapporti è rimasto quello che è. In pratica inesistente, un dialogo tra sordi, sfumati con grande scorno degli autori i titoli sul feeling. Tutto però a metà del guado, con la nuova Commissione ancora da formare, così come i pesi dei singoli Stati membri da distribuire.
La tensione tra Roma e Bruxelles
Giorgia, incurante della situazione e anche dei precedenti, ha ripreso a fare Giorgia: “Yo soy Giorgia, no me lo pueden quitar”. Ovvero la leader dei sovranisti, quella che alla fine non se l’è sentita di lasciare solo il suo vicepresidente Matteo Salvini, insieme contro il quartier generale. Entro la fine di agosto bisogna mandare i nomi per la Commissione? L’Italia non l’ha ancora fatto, è tra i cinque paesi che non hanno inviato comunicazioni ufficiali (insieme a Portogallo, Danimarca, Belgio e Bulgaria), unica tra i grandi. D’altra parte la presidente del Consiglio si aspettava preventivamente un via libera da Palazzo Berlaymont, che naturalmente non è arrivato. Come in uno sketch comico, Ursula attende prima il nome, Giorgia vuole rassicurazioni sulla sua richiesta di avere una vicepresidenza esecutiva. Il risultato è questa palpabile tensione tra Roma e Bruxelles, le indiscrezioni filtrate ad arte che raccontano di forti irritazioni da una parte e dall’altra.
Il ritardo di Giorgia, certo, sa di presa in giro: da un mese i quotidiani scrivono della relativa sicurezza dell’indicato, il ministro pugliese dalle tante deleghe, Raffaele Fitto, che non ha mai avuto veri concorrenti a insidiarlo. Uno che anche ieri ha ricevuto il plauso del ministro degli Esteri Antonio Tajani: “Sono assolutamente favorevole, sono stato il primo a sostenerlo. È il miglior commissario possibile che l’Italia possa avere in questo momento, perché ha grande esperienza europea. Non andrà lì a fare lo stageur, cioè l’apprendista: andrà a svolgere un ruolo politico operativo all’interno della Commissione per far contare l’Italia in Europa”. E allora perché, superate le iniziali diffidenze della Lega, non condividerlo subito con gli uffici europei? “Era logico avere prima la certezza di ciò che spetta all’Italia: la vicepresidenza esecutiva”, dicono fonti di Fratelli d’Italia. Che nutrono ancora speranze sull’esito finale. “Nulla è stato già deciso”.
Il nodo Pnrr
Come se fosse una matrioska, la spartizione delle deleghe dell’ex governatore pugliese nasconde un altro problema, che naturalmente ha un riverbero importante a Bruxelles. Ovvero lo stato di attuazione del nostro Pnrr. Con il “fiocco” preparato dal ministro Giancarlo Giorgetti: “Evoca la pianificazione sovietica. Ci costringe a decisioni di politica di Bilancio di corto respiro”. Una “battuta” giudicata di cattivo gusto nell’inner circle di Ursula e che si è chiamata la replica del commissario (ancora in carica) Paolo Gentiloni: “Non attuarlo è un problema, visto che l’Italia è il principale destinatario”.
Più tranquillizzante il titolare della delega in questione (oltre ad Affari europei, Sud, Politiche di coesione): “Si parla sempre solo della spesa del Pnrr e non delle riforme, come se questo fosse un piano in cui devi solo spendere, e se non spendi va male. I soldi li stiamo spendendo e anche in tempi rapidi e in modo efficace, ma il tema delle riforme è fondamentale perché queste risorse sono una tantum e vanno spese bene”. Il ministro dovrebbe ricevere il definitivo imprimatur per Bruxelles (atteso il portafoglio su Coesione e Bilancio) nel prossimo Consiglio dei ministri. Poi riprenderà un nuovo round tra la presidente tedesca e l’underdog italiana. Un po’ come da “C’eravamo tanto amati” al “Grande Freddo”.
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