La carta è sempre rimasta sullo sfondo, nel senso che Giorgia Meloni non l’ha mai tolta dal mazzo. Usando anche la ‘clava’ dei sondaggi, come l’ultimo di Swg, che quota Fratelli d’Italia di nuovo al 30%. Per ora solo un’arma di pressione in Parlamento con i riottosi della Lega (bastonati lunedì dalla mancata discussione in consiglio dei ministri del disegno di legge sulla concorrenza), ‘guardate che rimando tutti a votare’.

Le botte tra Salvini e Tajani e il ruolo dei figli di Berlusconi

Un’arma spuntata osservano alcuni, perché Giorgia Meloni dovrebbe comunque riproporre la stessa coalizione, fissando però la sua incontrastata leadership (il 30%) e stabilendo nuove regole di ingaggio, e non sarebbe poco, per una leader che non ha perso il gusto per il campo di battaglia. Certo è che le tensioni nel centrodestra hanno ampiamente superato l’aspetto fisiologico delle scaramucce, le liti tra i vicepresidenti Salvini e Tajani sono diventate transnazionali (‘a Bruxelles voti come Elly Schlein’, ‘tu come Ilaria Salis’). In più ci sono i figli di Berlusconi, Pier Silvio e Marina che ormai ostentano pubblicamente disincanto verso la presidente del Consiglio, creando scompiglio in quella che sembrava l’unica isola pacificata del centrodestra, Forza Italia.

La “maggioranza parallela”

Un’accelerazione improvvisa dopo l’intemerata a Strasburgo di Giorgia Meloni (l’opposizione ad Ursula), che non solo non ha calmato la Lega, ma ha messo in allarme il mondo produttivo. Non ci sarà la temuta reazione dell’Europa, Palazzo Chigi continua a scommettere su un Commissario di peso (concorrenza, coesione, bilancio, le deleghe più desiderate) ma è comunque sintomatico (ed un po’ divertente) ascoltare i colonnelli di Fratelli d’Italia fare affidamento su una risorsa linguistica di Giulio Andreotti: ‘maggioranza parallela’. Secondo Carlo Fidanza infatti, lo strappo della Presidente del Consiglio in Europa è già stato dimenticato, perché una maggioranza in fondo si ricrea per ogni nuovo dossier, per dire che nulla è perduto.

Tajani paga dazio a Bruxelles

Una sorta di ‘moral suasion’, Giorgia non vuole approfondire i contrasti con l’Europa (come si evince anche dal cordiale incontro con Antonio Costa, il presidente del Consiglio Europeo, che non ha avuto il voto dell’Italia) ed incassare al più presto il ‘cheap’ sulla commissione. Per ora a pagare dazio è stata Forza Italia, sulle 7 commissioni finite al partito Popolare al Parlamento Europeo, nessuna è andata a Tajani, “sconta l’isolamento della sua capa”, ha fatto notare maliziosamente la deputata di Italia Viva, Isabella De Monte.
Il candidato più gettonato per Bruxelles resta il ministro Raffaele Fitto, molto distaccata Elisabetta Belloni. È che sulla sostituzione del ministro pugliese, naturalmente, si è già aperta la bagarre. Tanto da spingere il capogruppo di FdI a Montecitorio Tommaso Foti a mettere le mani avanti ‘non ci sarà trippa per gatti’. Lega e Forza Italia nel frattempo si erano ingolosite, avanzando le candidature di Luca Zaia (che Salvini vuole piazzare ovunque per togliersi di torno un concorrente temibile in via Bellerio), e di Letizia Moratti. Giorgia tanto per cambiare, è di altro avviso, per sostituire Fitto, pensa ad un cocktail interno: l’indispensabile Giovanbattista Fazzolari al Pnrr, Nello Musmeci al Sud, e gli Affari europei al viceministro Edmondo Cirielli.

Il ‘cane’ da tartufo Renzi: elezioni all’orizzonte?

In più per gli appassionati della cabala, ci sarebbero da registrare i movimenti del ‘cane’ da tartufo per eccellenza della politica italiana: Matteo Renzi.
Dopo un anno e mezzo di bastonate reciproche con il Pd, il leader di Italia Viva, nel giro di 24 ore, ha improvvisamente scelto da che parte stare: con il campo largo. Una giravolta, che come tutte quelle precedenti del senatore di Rignano, che nella scorsa legislatura prima ha incoronato Giuseppe Conte e poi lo ha disarcionato per portare a Palazzo Chigi Mario Draghi, ha creato curiosità e naturalmente polemiche. Il punto in questione però non è la sua supposta abilità (si vedrà nei prossimi mesi), ma i motivi che hanno spinto l’ex sindaco di Firenze, a muoversi proprio ora. “Sente l’odore del prossimo disfacimento della maggioranza, e si posiziona nel campo avverso per partecipare alla raccolta”, scommettono i più sensibili al fascino dell’ex rottamatore. Insomma anche il centrosinistra ha iniziato a sperarci, spinto da un calendario favorevole, le prossime elezioni in agenda riguarderanno l’Umbria, la Toscana e la Liguria, candidati unitari del campo largo sono possibili. D’altra parte nel calcio estivo si fa presto a diventare campioni di Italia.

Aldo Rosati

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