Politica
Meloni leader pigliatutto: e gli alleati? Dopo l’euforia, la partita delle regionali

Il successo di Giorgia Meloni inaugura una nuova fase delle relazioni atlantiche. Il suo duplice incontro americano, giovedì alla Casa Bianca con Trump e tutta l’amministrazione, ieri a Roma con JD. Vance, segna un unicum nei rapporti atlantici. Una prima volta nella storia diplomatica, ma anche qualcosa di più: una affinità reciproca quantomai strategica.
Palazzo Chigi diventa uno studio Ovale, il ponte tra il centrodestra e il Maga americano si fonde nel claim Make the West great again coniato dalla premier a Washington e già sulla bocca di tutti. L’atterraggio, nel riverbero sulla politica di casa nostra, è duplice: tra le reprimende malmostose – e piuttosto imbarazzate – delle opposizioni e nelle pieghe del coro festante della maggioranza possono vedersi tutte le sfumature. E se l’invito a Roma – accettato da Donald Trump – dovesse diventare quello con cui il presidente Usa incontra l’intera Ue, il valore della relazione speciale con Meloni ne uscirebbe ulteriormente rafforzato. È stata la premier ieri, dando inizio al Consiglio dei ministri alle 18,20, a relazionare sulla missione americana.
Nella maggioranza – come è noto – convivono tre anime: quella liberale, più insofferente verso certa esorbitanza americana con Forza Italia e Noi Moderati, quella leghista degli ultras di Trump e Vance e, in equilibrio tra le due, quella istituzionale dei sovranisti di FdI. Pur ostentando perfetta unità all’esterno, appare chiaro come prima di fare grande l’Occidente, nel centrodestra vorrebbero capire quale ruolo spetterà a ciascuno. Nella dinamica Meloni-asso pigliatutto le partite per le regionali, per le grandi nomine, per la Rai – questioni più di cortile, più ombelicali, ma pur sempre questioni – rimangono aperte. Passata l’euforia a stelle e strisce, torneranno a farsi sentire. Forse prima di quanto si creda. JD. Vance era stato invitato a Roma da Matteo Salvini, ma di nuovo è stata, come era ovvio, la sola Meloni a soffiargli la scena. Salvini incassa bene, ma fino a quando?
Incassano meno bene nel centrosinistra. La segretaria del Pd si intesta la tecnofobia, indica nella tecnodestra mondiale il nuovo nemico. «Il problema non è dialogare con Trump, ma farlo a testa alta. La questione fondamentale è non dare a Trump l’idea che possa trattare in bilaterale con ciascun Paese, che è quello che vorrebbe per indebolire l’Unione europea. L’Europa deve essere unita e compatta in questo negoziato e deve essere pronta a colpire dove fa più male, ossia le Big tech americane che sostengono Trump». Scherza il deputato Piero De Luca: «Meloni ha strappato un impegno di Trump a far visita all’Italia dopo il suo vice Vance. La gita di Pasqua conferma le straordinarie doti di tour operator della premier».
La butta in burletta Giuseppe Conte, di cui pure la rete ci ricorda foto e tweet ultra-trumpiani, del 2018: «Trump- Meloni 2 a 0. Più spese militari e più gas dagli Usa a caro prezzo. In compenso non ha ceduto pezzi del Colosseo». Tornando a toni più seri, sposta il focus sulla difesa europea Carlo Calenda. «Ogni giorno è sempre più chiaro che Trump è più vicino a Putin che all’Ucraina e all’UE. Il nostro rafforzamento passa necessariamente per la costruzione di una difesa europea», ricorda.
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