Le ultime due vanno raccontate. Martedì Giorgia Meloni vola a Tunisi, visita attesa e strategica perchè se crolla la Tunisia – da un punto di vista finanziario e politico – Italia, Spagna, Grecia per prime (ma poi tutta Europa) durante l’estate avranno un bel problema che si chiama immigrazione. Peccato che i giornalisti al seguito neppure incrociano per sbaglio Meloni e il suo staff e si devono accontentare di un video autoprodotto e recapitato dallo staff della premier.

Mercoledì c’è Consiglio dei ministri che, convocato alle 18, inizierà più tardi: all’ordine del giorno ci sono le nuove norme contro i femminicidi ma la giornata a Palazzo Chigi è densa, a cominciare dall’incontro con Comuni e Regioni alluvionate, Emilia-Romagna e piccoli spicchi di Marche e Toscana, per finire con l’incontro con il premier libico di unità nazionale. Insomma, c’è tanto a bollire in pentola su cui sarebbe logico e giusto da parte del governo fare una buona comunicazione. Alle 19.55 palazzo Chigi informa che dopo il Cdm ci sarà una conferenza stampa presso la sala polifunzionale. Evviva evviva.

Alle 19.57 vengono aperti gli accrediti sulla piattaforma dedicata. Alle 20.10 inizia la conferenza stampa con i ministri Roccella, Fitto, Lollobrigida e Nordio. Preavviso tropo scarso, si presenta solo una collega delle agenzie, gli altri in tredici minuti in orario di chiusura non riescono ad organizzarsi. In compenso però sono aperti i microfoni dei tg Rai. Sono solo gli ultimi esempi. Succede cosi quasi sempre. La premier Meloni ha fatto l’ultima vera conferenza stampa il 10 febbraio a Cutro. Andò come andò, un disastro.

Meloni odia i giornalisti? No perché un premier deve sempre rispettare il lavoro degli altri e poi perché in fondo è giornalista anche lei e pure il compagno. E’ pratica delle dinamiche che certo non la spaventano. E allora perché la premier snobba la comunicazione diretta con la stampa (e non mediata dai social)? Perché al netto delle prime due domande, dalla terza in poi sarebbero legittimamente sulla politica interna, sulle agende esteri, su Tajani che porta il Ppe a Roma con Weber e lei fissa il bilaterale con Scholz a Chigi, sul Pnrr e sul commissario per la ricostruzione della Romagna spazzata via da un’alluvione. Sul perchè, ad esempio, dopo aver sbandierato “trovati due miliardi per l’emergenza, mai successo prima con questa velocità” (lo fece Meloni in una diretta streaming), proprio mercoledì abbiamo scoperto che la somma disponibile è un miliardo e mezzo di cui appena 250 milioni spendibili subito.

Domande, ancora, sulle tensioni interne alla maggioranza che più vengono smentite più si appalesano. Mercoledì, ad esempio, il teatrino è andato in scena proprio a palazzo Chigi e al tavolo a cui erano stati convocati, con ben altri problemi, sindaci, presidenti di Province e presidenti di Regione delle zone alluvionate. La dinamica è sempre quella: Salvini fa di tutto per provare a tenere bassa Giorgia Meloni e il suo attivismo politico, interno e internazionale. La tallona, cerca di anticiparla e di non darle vantaggi. Da qui alle Europee sarà questo lo schema perchè si voterà con le preferenze.

E’ così su tutto. Figurarsi sulla figura del Commissario per la ricostruzione che gestirà 5 miliardi e anche, se abile, un paio di campagne elettorali: quella per le Europee (giugno 2024) e quella per le Regionali (gennaio 2025). Salvini vuole l’Emilia Romagna, guai se la dovesse prendere Fratelli d’Italia, quasi meglio il Pd. E non fa mistero, da tre settimane, di voler mettere in quel ruolo il suo fedelissimo Jacopo Marrone, avvocato bolognese ed ex sottosegretario alla Giustizia. Così come Fratelli d’Italia, per gli stessi motivi, dice di avere due nomi giusti per quell’incarico: il viceministro alle Infrastrutture Galeazzo Bignami – messo lì a sua volta a marcare stretto Salvini – e il senatore Lisei. Mercoledì molti si aspettavano di vedere sciolto questo nodo assurdo: da sempre il Commissario naturale per queste disgrazie è il Presidente della Regione.

E invece: Salvini non solo si è trovato al tavolo Meloni (non era prevista ma lei è arrivata lo stesso) ma ha appreso sul momento che nelle prossime settimane, almeno una volta a settimana, il ministro della Protezione Civile Nello Musumeci convocherà e gestirà il Tavolo della ricostruzione. “Per qualunque cosa fate pure riferimento a lui” l’investitura di Meloni. Salvini non sapeva nulla e i presenti hanno potuto notare sorpresa e fastidio nelle sue parole: “Ah, non sapevamo di queste novità, Musumeci collettore? Vorrà dire che anche noi del Mit parleremo con lui”. Un moto di stupore è stato notato anche quando, sempre la premier, ha dato la parola a Bignami, il viceministro di Salvini, dopo che aveva parlato Salvini.

Un comunicato serale ha smentito ogni dissapore. Ieri Salvini ha scritto ai governatori alluvionati – e non a Musumeci – per rimarcare il bel clima del giorno prima e comunicare di “aver incaricato gli uffici del Mit di lavorare sulle norme per essere più veloci e concreti”. In cambio Musumeci ha detto che “ci vorranno nove anni”. Panico e rabbia in Romagna, dove continua a piovere. “Siparietti non edificanti” scrollava ieri la testa uno dei sindaci presenti. “La verità qui è che non ci sono i soldi. E nessuno ha il coraggio di dirlo, nè di fare il Commissario”. L’unico è l’attuale governatore pronto a gestire questa nuova ricostruzione. “Facciano come vogliono – mormora Bonaccini – ma facciano presto. La nostra gente fa domande e vuole avere risposte adesso, non tra settimane”.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.