Meloni: “Sì al nucleare da fusione”, ma intanto puntiamo sulla fissione

Foto Filippo Attili/Palazzo Chigi/LaPresse 5 aprile 2024 Roma (Italia) Politica - Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, a Palazzo Wedekind ha tenuto un intervento all’iniziativa "La Scienza al centro dello Stato" promosso dalla Italian Scientists Association (ISA) DISTRIBUTION FREE OF CHARGE - NOT FOR SALE - Obbligatorio citare la fonte LaPresse/Palazzo Chigi/Filippo Attili

“Portare avanti una transizione energetica sostenibile e non ideologica” ha dichiarato la nostra premier, Giorgia Meloni. Aggiungendo che: “Alla scienza il compito di individuare tecnologie utili a raggiungere quegli obiettivi: quelle già in uso, quelle che stiamo sperimentando, quelle che dobbiamo ancora scoprire”. Non potremmo essere più d’accordo! Ma andiamo con ordine: la strategia italiana di lungo termine per la riduzione delle emissioni di gas serra (pubblicata a gennaio 2021) indica che il fabbisogno elettrico nel nostro Paese salirà a 650-700 TWh, due volte e mezzo i consumi elettrici attuali, poiché nuovi settori saranno elettrificati (trasporti e riscaldamento in primis) e una quota di energia elettrica servirà a produrre idrogeno con cui otterremo nuovi carburanti “sintetici” CO2-free. Tutta energia elettrica da generare senza emissioni di CO2.

Qui manca lo spazio per approfondire, ma si può facilmente dimostrare che, tenendo conto dei reali profili di generazione eolica e fotovoltaica, il modo più sostenibile di generate 650-700 TWh CO2-free è impiegare un mix di tanto solare, poco eolico (in Italia c’è poco vento) e nucleare (che produca una quota di almeno il 45%, che corrisponderebbe a circa 35 GW). Dove con “più sostenibile” si intende che ha le minori emissioni nel ciclo di vita, occupa meno suolo, impiega meno materiali e -last but not least- costa complessivamente meno. Quale nucleare? Beh, verrebbe da rispondere di botto: quello che c’è, diffuso e in costruzione in tutto il Mondo. Ma anche qui, procediamo passo passo. È vero, come ha dichiarato la premier, che: “una grande prospettiva e una grande visione derivano dalla possibilità di produrre in un futuro non così lontano, energia pulita e illimitata dal nucleare da fusione”. E non solo quello: una importante società italiana, Newcleo sta sviluppando un reattore a fissione a neutroni veloci, raffreddato a piombo, una tecnologia molto promettente, in cui la ricerca italiana eccelle da tempo. E molto altro ancora bolle in pentola.

E quando queste importanti innovazioni tecnologiche diverranno impianti commercialmente disponibili tutti noi saremo felicissimi perché arricchiranno il paniere delle energie pulite. Il punto, tuttavia, è che non abbiamo alcuna necessità di attenderle, né per ragioni di sicurezza, né di affidabilità, e nemmeno di tempi e costi, come dimostrano i 105 reattori entrati in servizio dal 2000 ad oggi in tutto il Mondo e i 58 al momento in costruzione. Da ultimo nella centrale di Barakah, negli Emirati Arabi (dove certo non mancano né petrolio né gas) che oggi ospita 4 reattori da 1,4 GW, costruiti ciascuno in 8 anni, a un anno di distanza uno dall’altro, rispettando tempi e budget, sicché, oggi, a 11 anni dall’avvio della costruzione, ben 5,6 GW nucleari di 3^ generazione producono sino a 46 TWh di energia elettrica ogni anno, per i prossimi 60 anni, a un costo di circa 60 €/MWh. Una sola centrale, che occupa appena 200 ettari di superficie, produce dunque solo il 15% in meno di tutta la produzione eolica e fotovoltaica italiana del 2023, per di più in continuità, senza bisogno di sistemi di accumulo né di backup ed emettendo nel ciclo di vita (dati UNECE) 7 volte meno CO2 del fotovoltaico e meno della metà dell’eolico.

Aggiungo solo che se oggi in Italia volessimo produrre 46 TWh di energia low carbon, e continuassimo a rifiutare irrazionalmente l’energia nucleare, al posto di 200 ettari ne dovremmo ricoprire 45000 (quarantacinquemila) dei migliori impianti fotovoltaici o, se preferite, dovremmo individuare 230000 (duecentotrentamila) ettari “ventosi” (a trovarli) e distribuirvi sopra 3500 aerogeneratori, da 160 m di diametro e oltre 200 m di altezza. Numeri che dovrebbero far riflettere, che tuttavia ogni tecnico sarebbe in grado di ricavare, a patto che sia libero da pregiudizi ideologici. E ai numeri -evviva: è un’ottima notizia- la nostra premier dichiara di volersi affidare! Per tutto questo, in Italia dobbiamo ripartire al più presto con una nuova flotta di centrali nucleari. Il primo passo per farlo è predisporre senza indugio tutte le modifiche normative necessarie, a cominciare dalla costituzione di una vera Autorità di sicurezza nucleare, per proseguire con le procedure autorizzative e i meccanismi di remunerazione (sulla scorta dei contratti a due vie, che la nuova disciplina europea estende al nucleare, mentre prime erano limitati alle sole rinnovabili). E quando le “regole” saranno pronte, si spera entro i prossimi 2 anni, partiremo con la costruzione di reattori della migliore tecnologia disponibile. Un’ultima postilla, il lavoro non va fatto solo in Italia, ma anche in Europa.

L’inserimento del nucleare in Tassonomia verde tra le tecnologie idonee alla decarbonizzazione non sembra essere stato recepito pienamente dal legislatore europeo. Infatti si continuano a fissare obiettivi obbligatori di quota di energia rinnovabile sui consumi finali, in base ai quali l’Italia dovrebbe passare da 20% attuale al 40% entro i prossimi 6 anni, con un tasso annuale di crescita 10 volte quello dei precedenti 6. Eppure, non bastassero gli esempi di prima, il rapporto del Centro Comune di Ricerca, a seguito del quale in nucleare è entrato in tassonomia poiché rispettoso del principio Do Not Significant Harm, è chiarissimo sin dal suo executive summary. Dove, con riferimento proprio al nucleare di generazione 3+, si legge: “le analisi non hanno rivelato alcuna prova scientifica che il nucleare faccia più danni alla salute umana o all’ambiente rispetto alle altre tecnologie della tassonomia verde europea”. E se non bastasse il rapporto di cui sopra, basterebbe confrontare le performance della Francia con quelle della Germania: nel 2023, le emissioni del settore elettrico francese sono state di 45 grammi per kWh, quelle della Germania 425 grammi per kWh. Nove volte di più! Al prossimo Parlamento Europeo il compito di riformare radicalmente l’implementazione del Green Deal, sottraendolo all’impostazione ideologica che l’ha sin qui caratterizzato per riportarlo sui binari della razionalità.

Giuseppe Zollino – Professore di Tecnica ed Economia dell’Energia e di Impianti Nucleare