La passerella della premier
Meloni e il tour elettorale in Albania: “Pronto il primo hotspot per migranti”, ecco quanto costerà il piano già in ritardo
A tre giorni dal voto europeo, Giorgia Meloni ha voluto di fatto concludere la sua campagna elettorale al di fuori dei confini nazionali. La premier, infatti, è volata in Albania per incontrare il primo ministro Edi Rama e accertarsi degli sviluppi dell’accordo con Tirana sui centri di accoglienza per i migranti. O detta in maniera più cinica, Meloni è andata in Albania per mostrare gli apparenti passi avanti del suo governo in tema di lotta all’immigrazione. Tema centrale nella narrazione dell’esecutivo di destra, con il piano per mandare i migranti in Albania che è il progetto simbolico di questa politica.
In realtà la realizzazione dei due centri – a Shengjin e Gjader – è in ritardo rispetto alla tabella di marcia annunciata proprio da Meloni il giorno della firma dell’accordo con Rama, lo scorso novembre. La presidente del Consiglio aveva premesso che le strutture sarebbero state operative in primavera, cosa non avvenuta.
Meloni e il tour elettorale in Albania, pronto il primo hotspot per migranti
A essere pronta è solo una struttura, almeno a quanto ha dichiarato oggi Sander Marashi, il direttore del porto di Shengjin, località a circa 70 chilometri da Tirana. Lì è stato costruito un hotspot di prima accoglienza, di identificazione, in una zona di circa 4mila metri quadri, in cui arriveranno i migranti portati da navi italiane. “Ieri sono stati ultimati i lavori ed è passata sotto la gestione italiana”, ha detto Marashi in merito alla struttura che però non ha posti letto, aggiungendo: “Potrà ospitare circa 200 persone che poi saranno trasferite nelle strutture di Gjader“. Quest’ultime però non sono ancora pronte, anzi, sembra che i lavori vadano a rilento.
Meloni, accompagnata dal fido ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, è andata visitare la zona dell’entroterra dell’ex aeroporto di Gjader dove sarà costruita la struttura per l’accertamento dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale e per il rimpatrio dei migranti. La primavera è quasi finita e quindi i due governi hanno rinviato la data di inizio del piano. Meloni ha annunciato che saranno operativi da agosto. Un ritardo che per Meloni è giustificabile: “L’accordo potrebbe essere replicabile in molti Paesi, potrebbe diventare una parte della soluzione strutturale dell’Unione europea. Lo capiamo noi e lo capiscono i sostenitori dell’immigrazione incontrollata che lo contestano. Abbiamo molti occhi puntati addosso, vogliamo riuscire. Un obiettivo del genere val bene due mesi di ritardo, legati alla natura dei terreni di Gjader che non avevamo previsto e hanno richiesto interventi di rafforzamento”. Quindi bisognerà aspettare almeno altri due mesi per capire se si tratta di una data buttata lì in pasto all’opinione pubblica per scaldare i cuori agli italiani che si apprestano a votare oppure la reale previsione.
La conferenza di Meloni e Rama
A proposito di cuori. Il primo ministro Rama non è convintissimo della buona riuscita del piano, ma solo delle sue intenzioni. “Se l’accordo sui migranti tra Italia e Albania sarà un successo o un errore non lo so, comunque se sarà un errore sarà un errore di cuore, non di calcoli malvagi” ha spiegato, in conferenza congiunta con Meloni, in maniera non proprio rassicurante. “Noi abbiamo cercato di fare, senza avere la pretesa di risolvere questo problema enorme dell’immigrazione in Europa, ma non riusciamo a stare lì a chiacchierare e guardare come facevano i preti di Costantinopoli che parlavano del sesso degli angeli mentre le mura della città erano bucate da tutte parti” ha aggiunto.
Rama ha poi attaccato i media italiani: “Sono molto triste per le mezze verità raccontate sui media italiani sull’Albania, con il chiarissimo intento di gettare fango su questo paese, per sabotare l’accordo tra i due governi contro l’immigrazione clandestina: devono vergognarsi tutti coloro che hanno trasformato il diritto di opporsi a questo accordo in un attacco al quarto potere”.
“A pochi chilometri da qui ospitiamo tanti migranti, non li cacciamo e li accogliamo: come spiegare ai giornalisti di inchiesta italiani di queste centinaia di migranti scappati dalla morte, mentre loro vedono fantasmi di malavita che esistono solo nelle loro teste quando pagano il biglietto per arrivare in Albania per informare il loro pubblico di notizie già scritte prima?” ha aggiunto il leader albanese.
Da parte di Meloni, invece, sono arrivate solo lodi nei confronti dell’Albania e del memorandum stretto. “Italia e Albania sono storicamente nazioni amiche, che sono abituate a collaborare insieme e io voglio ringraziare ancora una volta il primo ministro Rama e il popolo albanese per aver offerto il loro aiuto e aver stretto con noi un accordo di grande respiro europeo”, ha detto Meloni in conferenza congiunta.
“Voglio esprimere solidarietà all’Albania e al suo popolo, per la campagna denigratoria contro l’Albania, dipinta come un narco-Stato governato dalla criminalità organizzata: non è la prima volta che l’Albania offre il suo aiuto all’Italia, ma in tutti gli altri casi è stata raccontata come una nazione con sincera voglia di far parte della casa comune europea”, ha aggiunto la premier citando l’aiuto fornito da Tirana con l’invio di medici durante la pandemia da Covid-19.
Il protocollo tra Italia e Albania sui migranti
L’accordo formalizzato tra Roma e Tirana prevede che le strutture saranno sotto la giurisdizione italiana, non possano ospitare più di 3000 migranti contemporaneamente nel territorio albanese. Ma inizialmente saranno ben di meno, per bocca di Meloni che conferma il ritardo sul programma. Nella struttura di Gjader “partiamo da più di mille posti attualmente, che arriveranno ai 3mila previsti dal protocollo”.
Nei centri saranno condotte solo persone imbarcate, in operazioni di soccorso e non, in zone marittime extraterritoriali italiane. Il Protocollo rimarrà in vigore almeno per cinque anni, ma se non dovessero esserci comunicazioni da una delle due parti – e con preavviso di almeno sei mesi rispetto alla scadenza – l’accordo sarà rinnovato tacitamente per un ulteriore periodo di cinque anni.
Quanto costano i centri italiani per i migranti in Albania
È stata Meloni stessa a parlare dei costi dell’operazione, uno dei nodi per cui l’intero piano è stato contestato duramente. “Non stiamo spendendo risorse aggiuntive ma stiamo facendo un investimento” ha detto la premier in conferenza. Secondo il protocollo sono previste spese da “670 milioni di euro per 5 anni, 134 milioni all’anno” che, ha aggiunto Meloni, “corrispondono al 7,5% delle spese connesse all’accoglienza dei migranti sul territorio nazionale: queste risorse non sono da considerare un costo aggiuntivo”.
E la premier ha buttato giù anche i numeri di un presunto risparmio per i contribuenti italiani che deriverebbe dal progetto. “Con la deterrenza rappresentata anche da un progetto come questo, consideriamo di abbattere” gli arrivi di migranti in Italia, quindi “non stiamo spendendo risorse pubbliche ma stiamo facendo un investimento. Facendo un rapido calcolo, con l’attuale capienza a pieno regime e considerando i migranti non accolti in Italia, risparmieremmo 136 milioni di euro”.
Le opposizioni all’attacco di Meloni
Sui centri per migranti in Albania le opposizioni promettono battaglia e protestano sulla visita di Meloni. Dal Pd, si alza la richiesta di chiarimenti: “Quanto costa e chi paga la passerella elettorale della presidente del consiglio che oggi sbarcherà in Albania per ‘inaugurare’ i centri per migranti che ancora non ci sono?”, si legge in una nota congiunta firmata da Enzo Amendola, Simona Bonafè, Matteo Mauri e Matteo Orfini.
Stesso argomento usato da Riccardo Magi, di +Europa, che è andato anche lui nel porto albanese di Shengjin per vederci meglio: “La questione preliminare da comprendere è se oggi qui c’è una visita istituzionale o un’iniziativa elettorale. Nel primo caso, ovviamente come parlamentare intendo esercitare i poteri ispettivi su questa struttura che ricade sotto la giurisdizione italiana. Quindi capire oggi che cappello ha Meloni, se quello della presidente del Consiglio o quello della candidata alle europee” ha dichiarato Magi.
Anche Carlo Calenda è molto critico: “Che senso ha? È un teatro, l’Albania è uno slogan. Si parla di spendere 650 milioni, se va bene, 850 per 6mila migranti l’anno. E se glieli dai quei soldi se ne vanno da soli…”. “Il costo giornaliero di un migrante in Albania, se va bene, è 5 volte superiore a quello che paghiamo in Italia, se va male 15” ha aggiunto il leader di Azione.
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