Con Giorgia Meloni impegnata a rispondere al fuoco di fila delle domande sull’ex ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, al Forum Ambrosetti vanno in scena le due anime dell’esecutivo: quella prudente e con la borsa “legata” del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, e quella volta agli investimenti, alle promesse e a una finanza più allegra del titolare dei lavori pubblici, il vicepremier Matteo Salvini. La cosa interessante è che si tratta di un derby tutto interno alla Lega, che esprime le due anime economiche del governo: quella legata a un bilancio prudente e quella della spesa fautrice di crescita.

Manovra, la prudenza di Giorgetti: “Il conto da pagare”

Per Giorgetti, come si legge nel comunicato sul sito del ministero, “nella manovra i margini d’intervento dovranno tener conto dell’impatto negativo di misure come il Superbonus che ha effetti negativi sui conti dello Stato e ingessa la politica economica sommandosi alle conseguenze negative del Covid, del clima e della guerra in Ucraina che ha causato un mutamento degli equilibri in Europa”. Ancora sul Superbonus: “Siamo nella situazione in cui chi ha mangiato si è alzato ma ha lasciato il conto da pagare. È infatti di circa 100 miliardi il costo finora maturato da questa misura avviata nel 2020 dal governo Conte 2 con Gualtieri ministro dell’Economia e per la quale ne abbiamo pagati 20 ma ne restano da pagare 80”. Insomma, più chiaro di cosi non si può: anche se non lo dice esplicitamente, è evidente la propensione alla prudenza del titolare di via Venti Settembre.

Manovra, Salvini e le opere pubbliche

Anche l’intervento di Matteo Salvini è stato molto chiaro: “Visti i risultati positivi ottenuti dalla flat tax fino a questo momento”, il suo partito sta ragionando “se innalzare il tetto rispetto gli 85mila euro e se applicarla anche agli straordinari”. Non solo. Il vicepremier parla di un piano decennale di opere pubbliche per consentire di riallineare l’Italia ai paesi maggiormente industrializzati. Salvini evidenzia come “ad oggi ci sono 22 miliardi di euro di lavori in corso, che pesano anche sull’aumento dell’occupazione perché in media ogni miliardo di investimenti infrastrutturali produce 17mila posti di lavoro”. Queste solo le dichiarazioni dei due esponenti dell’esecutivo. Sarà molto interessante capire in che modo Giorgia Meloni riuscirà a fare sintesi di queste posizioni.

Finanziaria: il 27 la Nadef

Ricordiamo che entro il 27 settembre il governo dovrà presentare la cosiddetta Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza, cioè la nuova manovra finanziaria. I conti italiani partono subito con un vincolo, quello indicato dal Patto di stabilità e messo nero su bianco dall’apertura della procedura di infrazione da parte della Commissione europea. In base al nuovo Patto di stabilità, infatti, l’Italia dovrà rientrare di una cifra molto vicina ai 12 miliardi di euro l’anno per ridurre il rapporto deficit/Pil. Questo numero potrebbe diminuire o si potrebbe diluire con tempi più lunghi per il rientro solo se l’esecutivo riuscisse a trovare un accordo con la Commissione europea.

A questi soldi vanno aggiunti il taglio al cuneo fiscale e la conferma delle nuove aliquote Irpef per una spesa complessiva di circa 18 miliardi di euro. Inoltre Meloni sarebbe intenzionata ad aumentare la dotazione per la sanità di circa 3 miliardi. Insomma, si parte dalla necessità di trovare 30 miliardi di euro. Ben 20 di questi dovrebbero arrivare dall’aumento delle entrate fiscali: la ragioneria dello Stato ha certificato 10 miliardi in più di incassi nei primi sei mesi del 2024. La cifra potrebbe raddoppiare entro la fine dell’anno. Servirebbero però dei tagli per coprire gli altri interventi. Al momento, cioè, almeno 10 o 15 miliardi di nuove coperture.

Dato politico: la linea e l’incubo agenzie rating

L’elemento più importante, però, è sul dato politico. Giorgia Meloni deve indicare una linea di politica economica chiara e senza fraintendimenti. Non può continuare a destreggiarsi tra posizioni spesso cosi antitetiche. Non si possono rassicurare i mercati e la Commissione europea e poi promettere spese legate alla flat tax o a nuove eccezioni sulle pensioni.

Sullo sfondo, ricordiamolo, ci sono le agenzie di rating che a novembre metteranno di nuovo sotto esame i conti dell’Italia. C’è il pericolo che Moody’s declassi il debito pubblico a “Junk”, cioè spazzatura, con evidenti conseguenze sui costi per rifinanziare il paese. La presidente del Consiglio deve usare parole chiare affinché, come evidenziato dal presidente della Repubblica Mattarella, l’Italia continui a essere considerata dai mercati un paese serio e un buon pagatore. Non è più il tempo di pattinare: servono scelte chiare.

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