Crolla (AmCham) analizza l'agenda dell'incontro alla Casa Bianca
Meloni-Trump, il dietro le quinte: “Spese militari, gas liquido più costoso ma ‘amico’, il brindisi al Caffè Milano”

Simone Crolla, Managing director di American Chamber, segue da vicino la visita della Presidente del Consiglio a Washington e ne analizza qualche dettaglio con Il Riformista.
Terza visita a Trump: quella di Giorgia Meloni con il presidente americano è una relazione speciale…
«Una relazione unica. La considerazione di cui gode Giorgia Meloni è unica: Trump dà accesso e ascolto a pochissimi. Si fida di pochi, stima pochissimi. Meloni è tra questi. Forse perché ha una visione del mondo simile a quella di Trump, sono nella stessa famiglia politica. Forse perché è una donna, e una donna simpatica. Ed empatica. Queste doti a Trump piacciono. Ma c’è un altro tema: il successo. Per Trump è un indicatore, da sempre. Riconosce il successo di chi ha raggiunto la ricchezza tramite il lavoro, elemento fondamentale nella cultura americana, ma riconosce anche il talento innato. E in Meloni il talento è politico. Trump lo sa. Le attribuisce una competenza disciplinare che forse non attribuisce a nessun altro, nel mondo. Anche perché sa che è una premier longeva come durata e la più solida in Europa come consenso. Questo ne fa un suo punto di riferimento: i sorrisi, il calore, l’affetto con cui la accoglie sono eloquenti per chi lo conosce».
Diversamente da altri leader europei.
«Del tutto diversamente. Lo abbiamo visto con Macron e Starmer. Se Ursula von der Leyen andasse a Washington incontrerebbe certamente JD. Vance e il capo dell’USTR per parlare di negoziazione. E vedrebbe Trump solo in un incontro multilaterale. O alla fine di questi novanta giorni, quando magari Ue e Usa parleranno con toni più distesi. Meloni ha invece l’ascolto e la simpatia di Trump, ha più opportunità di chiunque altro di fargli capire su quali punti del negoziato sui dazi ci si può spingere. Come dicono gli americani: she pave the way. Spiana la strada, evidentemente per l’Unione Europea».

Tra i dossier in agenda quale, secondo lei, a parte i dazi, avrà maggior enfasi?
«Le spese militari italiane devono aumentare, e su questo c’è un preaccordo di massima. Il gas liquido americano che arriva nei nostri porti deve aumentare: forse costa un po’ più di quello dalla Libia o dall’Algeria, ma è “gas amico”, ha un valore aggiunto in più. Anche in termini di scambio. Il vostro gas, il nostro agroalimentare. E c’è poi tutto il tema della ricostruzione dell’Ucraina, su cui Meloni e Trump pensano la stessa cosa. L’Italia ospiterà una grande conferenza, subito dopo la fine della guerra, per ricostruire l’Ucraina: saremo l’hub mondiale dei progetti e degli investimenti da indirizzare a quel paese dilaniato dalla guerra. Dagli USA arriveranno i grandi fondi di private equity».
Quali sono state le tappe a margine del faccia a faccia?
«Non c’erano appuntamenti Niaf. Immancabile un passaggio al Caffè Milano, inesorabile tappa per tutta la politica italiana a Washington. Franco Nuschese, il patron del ristorante, è una sorta di ambasciatore ombra, super inserito in ogni amministrazione americana e in questa ancora di più, è un repubblicano vicino a Trump. E il Caffè Milano è lo snodo di tutte le relazioni italo-americane, lo frequenta la stessa ambasciatrice italiana, Mariangela Zappia. Che ha messo a disposizione di Giorgia Meloni la splendida residenza diplomatica nella capitale americana, Villa Firenze. Inutile dire che tanti imprenditori si sono accreditati per fare un brindisi con la premier, dopo l’incontro con Trump».
Ma il soggiorno americano della premier è veloce: deve tornare subito a Roma proprio per ricevere il vicepresidente Vance.
«Esattamente, e anche quest’uno-due, un giorno con il Presidente e il giorno dopo, in casa, con il Vicepresidente, è un unicum nella storia. Mai successo in nessun altro caso. Un altro elemento che indica oggettivamente di quale portata sia la relazione speciale che Meloni ha con Washington e che cementa gli accordi oltre ogni dubbio».
Che ruolo ha l’American Chamber of Commerce in questa relazione?
«Facciamo il nostro lavoro come interlocutore principale nello sviluppo di attività di business negli USA. Pensiamo a Fincantieri, che sta sviluppando per la Marina americana il programma Littoral Combat Ships, che prevede la costruzione di 16 navi. Mercoledì abbiamo fatto un convegno a Milano con tutto l’agrifood: supportiamo i grandi consorzi e i marchi Dop. Vogliamo dire a Trump che sui prodotti tipici, non realizzabili altrove, ci dovrebbe essere una esenzione a vita dai dazi. Perché se la logica è quella di incoraggiare il trasferimento in America, i prodotti di eccellenza del territorio sono per definizione intrasferibili. Su questo facciamo sentire la nostra voce».
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