Confartigianato e Federazione Bancari rinnovano l’allarme
Meno banche: italiani più soli ed economia sempre più povera

Oltre 4 milioni di italiani senza banca. Sono i cittadini che vivono nei 3.062 Comuni dove non ci sono più filiali bancarie. Su 58,9 milioni, 4.131.416 italiani abitano in territori dove le banche sono del tutto assenti. È una ricerca della Federazione Autonoma Bancari Italiani, guidata da Lando Maria Sileoni, ad evidenziare, questa volta, le conseguenze della progressiva chiusura degli sportelli bancari. Per capire la dimensione del problema basta ricordare che nel 2012 gli sportelli erano 32.881 mentre a fine 2021 se ne contavano 21.650: meno 11.231 in nove anni. La desertificazione bancaria è senza dubbio da collegare alla pericolosa, quanto dannosa, idea, per altro presente non soltanto in ambito finanziario, secondo la quale il progresso tecnologico può sostituire sempre di più e sempre più rapidamente il fattore umano producendo una immediata riduzione dei costi economici.
Ma la riduzione degli sportelli bancari può essere considerata un fattore di progresso e, dunque, un bene per i cittadini? E soprattutto davvero realizza una riduzione dei costi economici che vada oltre il brevissimo periodo? In verità l’assenza di un operatore bancario in un Comune, seppur piccolo, rappresenta un problema enorme per tante persone, e non solo anziane, che contribuisce non poco ad accrescere i costi sociali dovuti ad una progressiva e inesorabile esclusione di tante persone dal circuito della cittadinanza attiva. Il documento della Fabi rappresenta l’ultimo grido d’allarme che segue quello lanciato anche dalla Banca d’Italia che recentemente e in più occasioni ha posto il problema con toni preoccupati. Oltre al problema degli oltre 4 milioni di cittadini privati della propria banca, esiste quello del finanziamento delle Piccole e Medie Imprese molte delle quali hanno sede proprio in quei Comuni. Recentemente il presidente di Confartigianato, Marco Granelli, ha lanciato un appello chiedendo ai partiti politici, impegnati in una difficile campagna elettorale, un patto per sostenere quelli che lui definisce “piccoli giganti”: 4,4 milioni di artigiani e di micro e piccole imprese con 10,8 milioni di addetti; il 99,4 per cento del nostro tessuto imprenditoriale e il 64 per cento del totale degli occupati.
Un sistema di impresa diffusa che incorpora i valori della sostenibilità economica, sociale e ambientale, un mondo multiforme, composto da decine di settori e attività differenti, espressione della preziosa biodiversità imprenditoriale italiana, accomunati dal possedere le radici ben piantate nelle tradizioni manifatturiere dei territori italiani e proiettati sulle traiettorie dello sviluppo globale. Nessuno può contestare che questo sistema ha bisogno di una sana democrazia economica fatta di tante cose ma fatta soprattutto di un accesso al credito rapido e facilitato a condizioni eque, oltre che a una operatività finanziaria quotidiana e immediata che solo la prossimità delle banche ai territori e la conoscenza che queste hanno delle singole comunità, possono garantire. In Italia le banche del territorio sono state fattori trainanti prima della nascita e poi della crescita artigiana, della miriade di micro imprese, della piccola e media imprenditoria. Malgrado queste organizzazioni mutualistiche abbiano subito negli ultimi anni delle pressioni legislative avverse, continuano a rappresentare l’ultimo, se non il solo, efficace argine alla desertificazione finanziaria. Prima della pandemia, su un totale di 7.904 Comuni italiani, quelli bancati, ossia serviti da almeno uno sportello, erano 5.277, il 67 per cento del totale e di questi 2.479 avevano una Popolare.
I Comuni con un solo sportello erano 2.049 e quelli con solo una Popolare 663. In un Comune su tre, dove è operativo un solo sportello, la funzione d’intermediazione creditizia viene svolta esclusivamente da una Popolare. Il tema diventa di particolare delicatezza nella nuova fase dell’economia caratterizzata dall’uscita dalla crisi pandemica e dalla guerra in corso. Una fase nella quale il sistema bancario svolge un ruolo essenziale essendo chiamato a contribuire, insieme alle risorse del PNRR, al finanziamento dell’economia reale, della transizione energetica del Paese. Le competenze, il rapporto fiduciario, la presenza diffusa in maniera capillare nei territori, nei grandi come nei piccoli Comuni, nelle aree industrializzate come in quelle agricole, saranno indispensabili sia per la ripresa dell’economia reale sia per la tutela delle persone più fragili. Sarebbe bene che i partiti, nella propria campagna elettorale, ne tenessero conto e soprattutto dovrà tenerne conto il prossimo governo, qualunque esso sia.
L’Associazione Nazionale fra le Banche Popolari sta dando il proprio contributo nel fermare e invertire il fenomeno della desertificazione finanziaria. In quest’ottica ha programmato per metà settembre un incontro dedicato proprio alla sostenibilità del modello tradizionale di business e alle prospettive di redditività delle banche di piccola e media dimensione. Con l’intento di affrontare problematiche che investendo in particolare la gestione delle banche di territorio con operatività legata all’intermediazione creditizia e alla trasformazione delle scadenze per sciogliere ogni dubbio sulla sostenibilità del business bancario tradizionale e sulla rilevanza della dimensione nella performance bancaria. Il titolo del workshop, che riprende evidenze e risultanze di una ricerca promossa dal comitato scientifico della Banca Passadore, è “Dimensione e performance delle banche commerciali europee. Un’analisi attraverso il ciclo economico”.
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