Il padre di Ilaria Salis che lamenta scarso coraggio del Governo italiano verso quello ungherese, sette bestie che avrebbero stuprato una 13enne a Catania (a quando la piena imputabilità a 16 anni?) e altri due suicidi nelle nostre carceri riaccendono il dibattito stile curva nord-curva sud, cioè la migliore garanzia che non si risolva mezzo problema. Restiamo una nazione ricurva sui suoi istinti più retrogradi, dove i politici commentano notizie, anziché fare (poche) leggi perché quelle notizie diminuiscano (che spariscano è impossibile, paesi a reati zero non esistono al mondo, ahimè).

Io non sono certo sospettabile di essere di sinistra. Eppure, trovo ridicolo come si sia politicizzato, anche a destra, il dibattito su una nostra connazionale detenuta in ceppi in Ungheria, non in Burundi. Non è una colpevole, ma un’italiana ancora in attesa di processo. Se ha commesso un reato, lo dimostrerà un tribunale ungherese e sconterà la pena. Ma fino ad allora, non vedo perché debba girare con i ceppi a mani e piedi. Dirlo significa scusarne eventuali reati? No. Ma un’istanza di civiltà che in Europa dovrebbe essere legge ovunque non vedo perché debba essere sospesa perché la Salis sarebbe di estrema sinistra. Non mi pare difficile da capire, né da spiegare al pubblico elettore.

Capisco il paradosso (“Ah se fosse stata estremista di destra, nessuno avrebbe alzato un sopracciglio”). Probabile. Ma se ne deve uscire. Sbagliare ugualmente ma con un segno opposto non è grande politica. È solo un errore che si somma a un altro. Occorrerebbe ambire a fare meglio, non altrettanto. Idem sul sovraffollamento carcerario e relativi suicidi a gogò: il derby è lassismo di sinistra contro manette e repressione a destra. Anche qui, siamo certi: nessuna soluzione a difesa della società. Il carcere -andrebbe spiegato- non è luogo incivile in cui ci si vendica su qualcuno per un reato che ha commesso o, peggio, in cui debba stare recluso chi attende il giudizio. È luogo in cui si dovrebbe rieducare un soggetto separato dalla società per cui si è dimostrato in tribunale egli sia un pericolo.

Ma proprio per proteggere la società, in seno alla quale egli dovrà rientrare, il carcere dev’essere luogo civile da cui si esca meglio di quando non ci si entri. E le nostre carceri, così come sono oggi, rischiano di incattivire anziché rieducare. Cioè di mettere a rischio la società, anziché proteggerla. Forse così si spiega la nostra percentuale di recidive più alte rispetto a quelle di paesi con un sistema carcerario più dignitoso. Che lo si spieghi ai cittadini. Non sono scemi. Capiranno. Perché se ci si limita a sostenere cose consonanti con gli istinti superficiali del Paese, allora viene meno l’importanza della politica, e tocca dar ragione a Beppe Grillo: sorteggiamo semplicemente portavoce improbabili della pancia dei cittadini. Che capiranno quanto a volte sbagliano solo quando dovranno loro sottostare alle regole barbare che invocano per altri. La politica dovrebbe essere ben altro.