Curiosità
Menu del Primo dell’anno, dalla minestra alla carne cosa prevede la tradizione napoletana
Se il 31 dicembre la chiusura dell’anno è con il botto, anche il primo dell’anno non è da meno. A Capodanno tutto è concesso, soprattutto a tavola. Dopo la grande abboffata del cenone anche il pranzo dell’1 gennaio va festeggiato secondo la tradizione, culinaria e non. Dopo i botti e la nottata passata a festeggiare, la mattina è dedicata al riposo ma anche alla preparazione di una nuova tavolata. A Napoli, ad esempio, non è un degno Capodanno se non si gioca alla tombola in buona compagnia degli assaggi del cenone.
Contrariamente a ciò che si può pensare, infatti, nella tradizione gastronomica napoletana non è previsto un pranzo molto più leggero del cenone. Anche se le portate non sono come quella della sera precedente, di certo il menù tradizionale non si può dire che non sia degno di nota. Se secoli addietro l’usanza prevedeva sartù di riso, frittura, arrosto di vitello e pasticcio di carne, oggi invece dalla minestra al capretto o gallina in brodo il pranzo del primo giorno dell’anno non ha nulla da invidiare alle prelibatezze preparate durante le festività natalizie.
IL MENU’ DEL PRIMO DELL’ANNO – A differenza del cenone di Capodanno, il pranzo comincia con un antipasto leggero ma immancabile che nella tradizione culinaria napoletana ci ha già accompagnato a Natale, ovvero la minestra maritata. Considerato uno dei piatti probabilmente più antichi della cucina partenopea, il suo nome lo si deve al legame tra verdure e carne di maiale, pollo e manzo che si ‘maritano’ creando un matrimonio perfetto per le papille gustative e aiuta a disintossicarsi dalla cena del giorno prima.
Una volta alleggeriti con una bella minestra, non può che cominciare il vero pranzo con il grande ingresso del primo piatto. Tagliolini o tortellini in brodo sono un must per la tradizione partenopea, sempre per rimanere in tema di ‘leggerezza’ ma che non abbia a che fare necessariamente con le verdure. Il brodo è il re del primo dell’anno ed è rigorosamente quello di gallina, una specialità che richiede tempo e cura così come il nuovo anno appena cominciato. Ma se si volesse provare qualcosa di diverso, si può optare anche per ravioli o cannelloni di magro, per dare un tocco di innovazione senza stravolgere troppo la tradizione.
Anche se il tema del menù è la leggerezza, non si può concludere un pranzo di Capodanno se non con un secondo piatto e un contorno all’altezza della giornata. Oltre alla gallina in brodo preparata per la prima portata, il capretto con patate e piselli è un classico della cucina napoletana, solitamente cucinato al forno. Per chi se ne intende della tradizione partenopea sa che questo piatto viene preparato durante il periodo di Pasqua, ma come accade con le festività natalizie spesso capita di scambiarsi ricette e prelibatezze per più celebrazioni. In ogni caso, la consuetudine vuole che il secondo piatto sia rigorosamente di carne: che siano costolette di agnello, arrosto di vitello o arista di maiale basta che vengano accompagnati da gustose patate al forno.
Come per gli altri giorni di festa, anche in questa occasione il pranzo si conclude con prugne secche, fichi secchi, nocciole e noci che ci accompagnano dalla Vigilia di Natale fino all’1 gennaio. Ovviamente la scena è condivisa dagli immancabili struffoli, roccocò, mustaccioli, susamielli, pasta di mandorle, pandoro e panettone. Vale anche qui la regola uguale per tutte le festività natalizie, ovvero che tutte le tavole dello Stivale si riempiono delle stesse prelibatezze dolciarie seppur con le relative variazioni regionali.
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