La crisi di governo: tra poche ore Fico da Mattarella
Mes, riforme e ‘testa’ di Tridico e Parisi: “Non c’è accordo su nulla”
Si tratta a oltranza. A sera, quando il tavolo sul programma convocato da Roberto Fico va avanti da quasi dodici ore, Bruno Tabacci è stremato: “Qui ognuno picchia duro sulle proprie bandiere, ma non è così che si ragiona in una coalizione”, lamenta. Il leader del Centro democratico, che da settimane è in campo per tessere le fila di un possibile Conte Ter, avverte gli alleati ricordando loro un precedente storico.
“Siamo riuniti nella Sala della Lupa di Montecitorio, dove andò in scena l’Aventino. Nella stessa stanza noi adesso rischiamo di far commissariare il Parlamento, perché se non riusciamo noi c’è solo il Governo del presidente”. La trattativa sui contenuti procede parallelamente a quella sui nomi, ma i due tavoli – pur intrecciati – marciano separati. Il primo, evidentemente, attende segnali dal secondo. I telefoni sono bollenti ma lo stallo su premiership e squadra non si sblocca.
IL TAVOLO – Al confronto sono presenti i capigruppo di M5S Davide Crippa ed Ettore Licheri, Graziano Delrio e Andrea Marcucci del Pd, Maria Elena Boschi e Davide Faraone di Italia Viva, Federico Fornaro e Loredana De Petris di Liberi e Uguali, i senatori Raffaele Fantetti e Maurizio Buccarella di ‘Europeisti – Maie – Centro Democratico’ , Bruno Tabacci ed Antonio Tasso di Centro democratico-Maie Albert Laniece e Gianclaudio Bressa del Gruppo parlamentare ‘Per le Autonomie del Senato.
DOCUMENTO SCRITTO – Anche sul programma, allora, passi avanti non se ne fanno. Il primo nodo del contendere riguarda l’esito finale del confronto. I renziani insistono perché si arrivi ad un “documento scritto” in cui i punti chiave “vengano messi nero su bianco“, come chiesto dall’ex premier dopo l’incontro con Fico. Secondo le altre forze, però, la stesura di un programma completo spetta piuttosto al presidente incaricato e, nel caso specifico, a Giuseppe Conte, se alla fine si raggiungesse un accordo intorno al suo nome. In quest’ottica non è un caso, viene sottolineato, che l’esploratore, dopo aver aperto i lavori, non partecipi direttamente al tavolo.
“Non è lui l’estensore dell’accordo”, è la linea di chi vuole evitare il ‘tranello’ per il quale, ‘blindato’ il programma, il nome del premier che lo dovrà realizzare possa non essere quello dell’avvocato pugliese. Il documento scritto “arriverà con il presidente del Consiglio incaricato, prima non ha senso”, chiariscono i pentastellati. “A Fico spetta capire se ci sono le condizioni programmatiche e numeriche per formare un nuovo Governo, il presidente della Camera non ha richiesto alcun documento scritto e noi ne prendiamo atto”, sottolineano da Leu e Centro democratico, mentre i Dem aprono a una “bozza di lavoro” che punti essenzialmente a “capire se ci sono nodi insormontabili”.
VIA TRIDICO E PARISI – Il confronto è serrato anche sui temi. Si parte dal lavoro. Pronti via e Maria Elena Boschi e Davide Faraone chiedono la ‘testa’ dei presidenti di Inps e Anpal e di separare il reddito di cittadinanza dalle politiche attive per il lavoro. “Completiamo” il sussidio “con il rafforzamento delle politiche attive e dei controlli, così come del resto era previsto fin dall’inizio”, è la replica dei pentastellati, che blindano Pasquale Tridico e Domenico Parisi.
LEGGE ELETTORALE – Anche su riforme e legge elettorale le distanze restano. Italia viva insiste per un sistema di impianto maggioritario. “Se proporzionale deve essere, si introducano subito le preferenze”, dicono chiaro i renziani che sulle riforme propongono l’istituzione di una commissione Bicamerale con presidenza all’opposizione. Il M5S apre sulle preferenze e insiste sull’introduzione del referendum propositivo, la costituzionalizzazione dei limiti alla decretazione d’urgenza, il ricorso a una maggioranza qualificata per l’approvazione della legge elettorale. Punta a ripartire da quanto già incardinato in Parlamento il Pd, a partire dal voto per i 18enni in Senato e dalla legge Fornaro sui correttivi costituzionali.
SCONTRO MES – Il pomeriggio si apre con il confronto/scontro sul Mes. Boschi e Faraone, in questo caso, si dicono disponibili a ‘mediare’ rispetto alle posizioni iniziali, prendendo solo una parte dei 36 miliardi previsti dalla linea di credito Ue sulla sanità. La stessa proposta viene avanzata da Tabacci. Il no del M5S, però, è categorico. Il capogruppo alla Camera Davide Crippa ribadisce la “pregiudiziale politica” da parte dei pentastellati: “Non lo voteremo mai. Noi siamo il gruppo parlamentare più grande, i numeri non ci sono”. Il clima si accende. Il dem Graziano Delrio e lo stesso Tabacci provano a stemperare i toni, ma l’accordo non c’è. I temi sul tavolo sono parecchi, pagine e pagine che i capigruppo esaminano e inoltrano alle war room dei rispettivi partiti.
Nel calderone finiscono anche i fondi all’editoria e le banche: i pentastellati vogliono togliere gli uni e nazionalizzare le altre, accusano da Iv. “L’accordo non c’è quasi su nulla, ci sono delle oggettive difficoltà, ma continuiamo a lavorare”, commenta a sera, sconsolato, anche chi si spende per una sintesi. Domani il tavolo andrà avanti. Da affrontare restano ancora il dossier giustizia, il piano vaccini e il capitolo Recovery. Poi Fico, a partire da nomi e programma, dovrà riferire del suo mandato esplorativo a Sergio Mattarella. “Oggi un po’ di giochi d’artificio ci stanno – ammette uno sherpa – ma domani, se non chiudiamo, sarà 1-x-2”. (LaPresse)
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