E' il dazio che fa più paura
Mezzo miliardo di bambini vivono in guerra, mezzo miliardi di danni collaterali, di fantasmini senza futuro

Siamo quotidianamente tempestati da numeri iperbolici. Cifre astronomiche delle quali è difficile avere percezione diretta. Sembrano solo numeri, ma sappiamo che a ognuna di quelle cifre corrispondono conseguenze, effetti più o meno negativi sulle nostre vite quotidiane. E in virtù di questa consapevolezza, quei numeri – dazi, percentuali, mercati impazziti – li rispettiamo anche se sembrano distanti e che non ci riguardino direttamente. Eppure, tra tutti questi numeroni ce n’è uno che sembra non poterci entrare in testa. Perché, se così non fosse, le cose starebbero andando diversamente già da molto tempo.
Mezzo miliardo di bambini senza futuro
Mi riferisco ai 473 milioni di bambini che vivono in zone di guerra. Mezzo miliardo di bambini il cui futuro è compromesso. Una cifra enorme, quasi impensabile, che descrive un mondo dove l’infanzia è diventata un campo di battaglia. In Ucraina, in Palestina, in Sudan, nello Yemen: ovunque esploda un conflitto, i più piccoli pagano il prezzo più alto. Non sono semplici “danni collaterali”, come si finisce spesso per definirli: sono i bersagli casuali di una follia che colpisce le case, le scuole, gli ospedali e le famiglie. Mezzo miliardo: a livello globale, parliamo di un bambino ogni sei. Un numero del quale tutti sono convinti che non li riguardi.
Il genere umano, del resto, non ha mai avuto molta considerazione della tutela dei bambini. Sapiens quante volte si vuole, ma sembra che l’uomo non abbia mai colto il valore del capitale dell’infanzia: solo un altro dei mille modi con i quali ci si può riferire al futuro. Non è un fatto solo politico. I bambini fanno le spese dei conflitti a ogni livello. Non serve che due continenti lottino tra loro per motivi economici per vederne poi affamati qualche milione. E non bisogna osservare un conflitto tra due Stati per vederne altrettanti uccisi o, come avviene, strappati a quel che resta delle loro famiglie e deportati. Troverete infatti dei bambini che pagano il conto anche se due gruppi entrano in urto, magari per motivi ideologici, per esempio per decidere se un bambino deve o può nascere ed avere una famiglia o continuare a restare in un istituto. E ancora non basta. Anche quando i contendenti sono solo due individui, la vittima è ancora frequentemente un bambino, perché magari quei due in guerra – che si sono dimenticati di lui – sono i suoi genitori.
Mezzo milione di danni collaterali
Questo per dire che a quelle vittime siamo abituati. Che il ruolo sacrificale del minore ci appartiene come specie, più che culturalmente. La verità è che questi fantasmini ucraini, palestinesi o di chissà dove non ci fanno paura. La verità è che l’uomo occidentale, quello orientale, del nord o del sud del globo, su quel mezzo miliardo di “danni collaterali” ci dorme tranquillamente su. E un’altra evidenza indica che anche solo ricordarlo questo numero, come in queste righe, è ritenuto un disturbo: quasi il patetico vezzo di chi non fa i conti con la realtà. Ma non è così. Strepitare per i diritti non è un vezzo o un hobby da annoiati. E anche la pace, forse soprattutto la pace, è un diritto. Come lo sono l’istruzione, la salute, la protezione. E finché ci saranno bambini senza scuola e senza casa, allora saremo in guerra, anche se lontano da noi. Perché un’umanità che tollera la sofferenza dei più piccoli è uno specchio in frantumi. Mezzo miliardo di bambini: il dazio più salato, quello sul futuro, è questo qui.
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