Parla il magistrato del Tribunale di Napoli
“Mi candido al Csm per le toghe davvero libere, magistratura deve svincolarsi da pressioni e condizionamenti”, parla il giudice Savarese
«Nel mio programma cito ripetutamente una frase di Linos Sicilianos, giudice alla Corte europea dei diritti dell’uomo: “Judges must be free”, i giudici devono essere liberi. Liberi da interferenze di poteri diversi da quello giudiziario e liberi da pressioni o condizionamenti che vengono dallo stesso ordine giudiziario. Questo aspetto soprattutto mi interessa e deve interessare la società civile: l’indipendenza interna del magistrato che può essere minata ogni giorno da un “clima” tanto generale, quanto apparentemente innocuo, di scarsa libertà», afferma Edoardo Savarese, giudice del tribunale di Napoli e scrittore, candidato come indipendente alle prossime elezioni del Csm.
Giudice Savarese, ma l’indipendenza del magistrato non dovrebbe essere un prerequisito?
Certo. Ma nelle cose del mondo accade che ci dimentichiamo i prerequisiti fondanti, per i quali invece bisogna essere vigili ed esserlo sempre di più. Questo vale per il funzionamento di tutte le istituzioni, oggi più che mai, e vale per la magistratura. Assoggettata a un processo di lenta ma inesorabile gerarchizzazione che va combattuta, perché contraria alla Costituzione e alla Cedu. Perché letale per le libertà dei cittadini. E questo va spiegato ai cittadini. Questo va ricordato ai magistrati che si accingono al voto, e hanno in questo una grande responsabilità personale.
Ha ragione allora Palamara quando dice che in Italia certi processi sono ‘pilotati’?
Se si riferisce ai libri di Palamara, non so se l’autore abbia ragione oppure torto. Escludo che i processi siano pilotati. Se vi sono stati casi “politicamente sensibili”, ove le tesi di Palamara fossero confermate dalla Storia, saremmo di fronte a una patologia circoscritta. Altro è il tema vasto dell’uso politico della giustizia. E dell’uso della giustizia che la politica fa a suo uso e consumo. Sono questioni sulle quali, certamente, un bagno di verità e di linguaggio franco dovrebbe finalmente essere iniziato. Ma da tutti i protagonisti in gioco. Dobbiamo essere però consapevoli che sia l’aspetto della indipendenza esterna, sia il profilo di quella interna, non sono un problema solo italiano. Riguardano gli assetti del potere giudiziario nel mondo occidentale, che vive la sua crisi sistematica, ormai, dello Stato di diritto.
Nel suo programma è prevista una ‘penalizzazione’ per i fuori ruolo, in particolare quelli nominati dalla politica. Se venisse attuata, tanto per fare un esempio, un magistrato con il cv come quello di Raffaele Cantone non potrebbe mai diventare procuratore.
Non è detto che Cantone non avrebbe potuto essere nominato. Il senso del mio programma è chiaro, anche sotto questo aspetto, nel favorire e quindi preferire nella nomina chi si sia occupato per più tempo di giurisdizione. L’esercizio concreto e proficuo della giurisdizione deve tornare a essere il faro del Csm, ma anche della formazione culturale del singolo magistrato sin dall’inizio. Il processo è lo spazio-tempo che dà senso alla funzione del magistrato terzo e imparziale. Il resto è del tutto secondario.
Il potere disciplinare del pg della Cassazione è sconfinato ed è avvolto nel mistero assoluto, si pensi ai provvedimenti di archiviazione. Nel Palamaragate, poi, medesime condotte sono state valutate in maniera differente. Cosa propone?
Sul potere disciplinare sarebbe necessaria una rimeditazione profonda (ci sono recenti studi accademici di grande interesse). La stragrande maggioranza dei ricorsi proposti da giudici di paesi europei alla Corte di Strasburgo riguardano l’uso illegittimo, abusivo, coartante del potere disciplinare. È una casistica molto interessante che studio da tempo. Il problema, anche qui, non riguarda solo noi. Certo è che gli ultimi due anni hanno visto un esercizio del potere disciplinare sul quale occorre nei prossimi anni innanzitutto fare chiarezza. Il prossimo Csm, a legislazione invariata, dovrà essere il custode più rigoroso dell’uso imparziale e trasparente del disciplinare. Potrebbe e dovrebbe costituirsi su questo un gruppo di lavoro ad hoc, per monitorare, rendere conto, e anche proporre al legislatore i cambiamenti necessari. L’università dovrebbe in questo darci una mano: un dossier Italia sull’uso del disciplinare per i magistrati, da sottoporre al governo, al Parlamento e alla Corte di Strasburgo (nella quale, da internazionalista di formazione quale sono, confido non poco).
Nei giorni scorsi ha inviato una mail ai suoi colleghi in cui faceva outing, sottolineando però che avrebbe potuto essere un “terribile autogol” elettorale. Ci sono discriminazioni per i magistrati o le magistrate omosessuali ai fini della carriera? Questo è uno di quegli argomenti di cui non si parla mai.
Il tema dell’orientamento sessuale e di genere nella magistratura effettivamente è poco indagato. Il mio orientamento sessuale l’ho reso pubblico da molto tempo, attraverso la mia attività di romanziere e anche di autore di articoli sulla stampa. In questo credo di essere stato trasparente e militante. Non penso di aver subito discriminazioni. Anzi, nell’ambiente giudiziario, e mi riferisco anche all’avvocatura, questa sincerità mi ha sempre ripagato. È stata liberante per me e per gli altri. Immagino ci sia anche chi non gradisca… per varie ragioni. L’Italia mi pare piuttosto ingessata su questo tema, ancora nel 2022. Mi permetto però di pensare che chi come me ha affrontato certe battaglie abbia appreso la lezione forse più importante: conservare la libertà irriducibile della propria coscienza, che non può restare un fatto interno, ma deve alla fine entrare in comunicazione con gli altri.
Un’ultima domanda. Un consiglio di lettura, per i lettori e per i suoi colleghi, sia candidati che votanti alle prossime elezioni del Csm?
Certo: “Diario di un giudice” di Dante Troisi, lo consiglio anche a me stesso.
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