Giuseppe Montella sapeva di essere indagato, che le forze dell’ordine lo avevano puntato,  ma non aveva capito che al centro dell’inchiesta c’era lui, l’appuntato della caserma Levante di Piacenza, e non i fratelli Giardino, accusati di spaccio dalla Procura.

È questo il quadro che emerge dall’inchiesta sulla ‘Caserma degli orrori’. Montella in particolare, ritenuto leader del gruppo di carabinieri infedeli, porta al carrozziere Matteo Giardino l’Audi acquistata in una concessionaria veneta minacciando il rivenditore per effettuare alcune riparazione. Durante i controlli effettuati il 16 aprile scorso, Giardino sente strani rumori provenire dal bocchettone dell’aria condizionata e scopre una microspia installata dalla Guardia di Finanza.

Il carrozziere corre a informare Montella e, come rivelerà poi alla fidanzata, “era bianco pallido, non respirava più”. Preso dal panico il carabinieri pensa subito che la situazione è “un casino” e si arrabbia col fratello di Matteo Giardino, Daniele, che gestisce il traffico di droga. “Lo ammazzo”, dice a Matteo, con quest’ultimo che gli ricorda che “fai il carabiniere, paghi per due”.

Peppe Montella quindi provvede a far bonificare le altre auto in suo possesso e quelle degli amici, trovando altre microspie. Ma come si legge nell’ordinanza, la sua preoccupazione non è quella di finire in manette: “Tutta la preoccupazione di Montella non era l’essere potenzialmente sottoposto ad indagini ma il blocco dell’approvvigionamento di sostanza stupefacente da Giardino e, di conseguenza, i mancati introiti”, riportano infatti i pm di Piacenza.

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