Se è vero che il governo sta facendo tutto il possibile per gestire l’immigrazione come aveva promesso, di sicuro non basta. A criticare la gestione della premier ora non c’è solo l’opposizione, ma anche gli alleati. Il vice segretario della Lega Crippa non condivide la strategia della diplomazia con la Tunisia, decisa da Meloni e appoggiata dalla presidente della commissione europea Ursula von der Leyen. E auspica ad un ritorno decisionista stile Salvini.
Gli alleati leghisti insomma non si lasciano scappare un’occasione per lanciare messaggi all’elettorato di destra in vista delle europee e non solo.

Difficile questa volta dargli torto. Arrivano a migliaia sulle coste dell’isola Titano e fa impressione osservare la fila dei barchini vecchi e usurati, stipati di esseri umani immobili, rassegnati ad un trattamento disumano, ammassati su piccole imbarcazioni fatiscenti con motori appena sufficienti a muoversi, molti dei quali abbandonati da navi madre a poche miglia dalla costa. Tutte in fila, ordinate, in attesa di approdare al molo della loro salvezza. Don Camillo Rizzo, il parroco di Lampedusa, parla di tragedia, di apocalisse; il procuratore capo di Agrigento paragona l’ondata all’arrivo della nave Vlora, approdata a Bari nell’agosto del 1991 con venti mila albanesi. I disperati oggi vengono soccorsi e poi rinfrescati con gli idranti. Lampedusa è stremata.

Il governo su questo tema si trova in grosse difficoltà. È difficile spiegare al proprio elettorato come mai l’aumento esponenziale dei migranti avvenga proprio con un esecutivo che aveva impostato la campagna elettorale sul “blocco navale”: fortissimo come slogan, ma impossibile da attuare, il blocco irrealizzabile esaspera ora con la forza delle immagini la disillusione di una delle tante promesse mancate. La fila di barche al molo lampedusano come significante della difficoltà di trovare soluzioni facili a problemi complessi quando governi, rispetto ai proclami tipici delle opposizioni.

Gli arrivi dalla Tunisia non sono l’unico dei problemi che il governo deve affrontare sul tema immigrazione: alla prospettiva di nuovi arrivi dalla Libia devastata dall’uragano, si aggiunge lo schiaffo di Francia e Germania. La Francia blinda la frontiera di Mentone con le forze dell’ordine. La Germania sospende i processi di selezione dei richiedenti asilo che arrivano in Germania dall’Italia nell’ambito del meccanismo di solidarietà volontaria. Questo dopo che a Strasburgo hanno criticato un po’ tutti (ad esclusione del Ppe) l’accordo di luglio con la Tunisia, firmato dall’Ue, ma voluto fortemente, appunto, da Giorgia Meloni.

Al momento l’accordo non sta dando i frutti sperati e non raccoglie consensi. Il patto prevede mezzi e finanziamenti alla Tunisia da parte dell’Ue, tra cui più di 100 milioni per la gestione delle frontiere, da elargire a un Paese noto per calpestare quotidianamente i diritti umani dei migranti e non solo. Un Paese che ha abbandonato centinaia di disperato ai confini con la Libia e l’Algeria e li ha abbandonati in mezzo al deserto. Ricordiamo ancora la madre e la bambina morte di fame, di sete e di stenti tra la Tunisia e la Libia o l’abbiamo già cancellata dalla memoria? Si parla di centinaia di milioni in mano a un presidente che pochi mesi fa parlava di un piano criminale ordito da oscure élite per organizzare una grande sostituzione etnica.

È vero che l’Italia è quella su cui pesa di più la prima accoglienza (nel 2023 gli sbarchi sono stati 120.000), ma guardando i numeri in rapporto alla popolazione, sono molti i Paesi europei ad aver avuto più richieste di asilo rispetto all’Italia. Il problema è che a fronte di tante richieste, sono pochissime quelle che vengo accettate. E ancora meno quelle che effettivamente vengono attuate. Quindi restano quasi tutti da noi, che non siamo in grado di integrare chi ha il diritto di rimanere e neanche di rimandare indietro chi il diritto non ce l’ha. Oppure scappano. Diciamo che non è una gestione semplice, ma neanche esemplare.

Abbiamo bisogno del sostegno dell’Ue, affinché sempre più persone raggiungano il Paese nel quale chiedono di vivere e affinché chi non ne ha diritto possa essere velocemente rimpatriato nel proprio Paese. E dobbiamo lavorare per migliorare la gestione sul territorio dei centri di accoglienza e chiedere più fondi perché economicamente non può ricadere tutto su di noi. Tutto questo non si fa mostrando i muscoli ma con l’autorevolezza internazionale che questo governo cerca sin dall’inizio di ottenere ma che attualmente non ha.

Il 28 settembre a Bruxelles si riprende il negoziato tra i ministri dell’Interno sull’atteso patto di asilo e immigrazione. L’obiettivo dell’Italia è portare a casa una nuova intesa prima della fine della legislatura. Già di per sé l’obiettivo non è semplice, ma di certo non aiutano le critiche al commissario europeo Gentiloni e l’atteggiamento antieuropeo mostrato per dimostrare di non aver perso lo smalto sovranista. A combattere l’Ue non abbiamo niente da guadagnarci e tutto da perdere.

Sabrina Scampini

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