Dopo giorni di viaggio da Lampedusa a Gjader, in Albania, a bordo della nave militare Libra, i 12 migranti (inizialmente erano 16 ma quattro non sono stati ritenuti idonei una volta arrivati nel Paese Balcanico) dovranno tornare in Italia. A deciderlo, nelle scorse ore, la sezione immigrazione del tribunale di Roma. I giudici non hanno convalidato il trattenimento dei migranti all’interno del centro italiano di permanenza per il rimpatrio creato in Albania grazie ad un accordo tra la premier Giorgia Meloni e il primo ministro di Tirana Edi Rama. Il rientro in Italia avviene nonostante le richieste di asilo siano state respinte dalle Commissioni territoriale, aprendo così uno scontro, l’ennesimo, tra governo e magistrature oltre che tra l’esecutivo e le opposizioni che da tempo polemizzano per la gestione migranti in Albania. Una decisione quella del tribunale di Roma che rischia di aprire serie dubbi sull’intero piano albanese per il quale il governo ha stimato una spesa di circa 600 milioni in cinque anni, oltre al trasferimento in nave dall’Italia all’Albania.

Migranti in Albania, perché i giudici hanno respinto i trattenimenti

In mattinata i giudici capitolini non hanno convalidato il trattenimento dei 12 richiedenti asilo provenienti da Egitto e Bangladesh, soccorsi nella notte del 13 ottobre dalla Guardia di finanza nelle acque internazionali della zona Sar italiana e trasferiti a bordo della nave Libra della Marina Militare fino al porto di Shengjin e dal lì al centro di detenzione di Gjader. A spiegare la decisione, in una nota, è la presidente della sezione immigrazione del tribunale di Roma Luciana Sangiovanni: “I trattenimenti . si legge in una nota – non sono stati convalidati in applicazione dei principi, vincolanti per i giudici nazionali e per la stessa amministrazione, enunciati dalla recente pronuncia della Corte europea a seguito del rinvio pregiudiziale proposto dal giudice della Repubblica ceca. Il diniego della convalida dei trattenimenti nelle strutture ed aree albanesi equiparate alle zone di frontiera o di transito italiane è dovuto all’impossibilità di riconoscere come “paesi sicuri” gli Stati di provenienza delle persone trattenute, con la conseguenza dell’inapplicabilità della procedura di frontiera e, come previsto dal protocollo, del trasferimento al di fuori del territorio albanese delle persone migranti, che hanno quindi diritto ad essere condotte in Italia”.

Migranti in Albania, 15 dei 22 Paesi non sono sicuri

Il riferimento è alla recente sentenza della Corte di giustizia europea dello scorso 4 ottobre che già metteva in dubbio i 22 Paesi che il governo italiano considera ‘sicuri’. Tra questi ci sono Egitto e Bangladesh. Per ottenere lo status di Paese sicuro bisogna che nessuna categoria di cittadini sia bersaglio di discriminazioni e trattamenti inumani. Ben 15 dei 22 Paesi considerati sicuri dalla Farnesina non rispettano questo criterio. Sicuri per l’Italia sono Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Camerun, Capo Verde, Colombia, Costa d’Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Nigeria, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka, Tunisia.

Governo contro magistratura

Se le opposizioni gongolano, la maggioranza punta il dito contro la magistratura: “Assurdo! In aiuto della sinistra parlamentare arriva quella giudiziaria”, si legge in un post sul profilo X di Fratelli d’Italia, in una grafica con una toga di colore rosso. “Alcuni magistrati politicizzati hanno deciso che non esistono Paesi sicuri di provenienza: impossibile trattenere chi entra illegalmente, vietato rimpatriare i clandestini – afferma ancora il messaggio sui social del partito della premier Giorgia Meloni -. Vorrebbero abolire i confini dell’Italia, non lo permetteremo”.

“La premier fa la bulla contro le organizzazioni non governative che rispettano le leggi più di loro, come oggi è stato ampiamente dimostrato” sottolinea la segretaria del Pd Elly Schlein aprendo la direzione del Pd al Nazareno. Per l’operazione tesa a “deportare” i Migranti in Albania “sono stati buttati 800 milioni di euro, risorse che si potevano invece usare per abbattere le liste di attesa nella Sanità”. “Ora” – aggiunge Schlein – “dovete smontare tutto, tornare indietro e chiedere scusa agli italiani. L’intero meccanismo non sta in piedi. Già prima del pronunciamento del tribunale poco fa avevano dovuto riportare indietro quattro persone, due fragili e due minori. L’abbiamo sempre detto. Non è pensabile identificare minori e fragili su una nave”.

Redazione

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