E alla fine, nella migliore delle ovattate tradizioni di Bruxelles, l’hanno spuntata tutti: l’accordo sui migranti c’è, è stato raggiunto ieri, alla fine Giorgia Meloni l’ha spuntata facendo rimuovere dal testo che stava circolando e che settimana scorsa era stato bloccato il riferimento ai salvataggi in mare da parte delle organizzazioni non governative, voluto dalla Germania, mentre Berlino è riuscita a mantenere nel testo quelli che definisce “gli standard umanitari minimi, come l’accesso all’istruzione e all’assistenza sanitaria”, affinché “non fossero annacquati”.

Il testo è stato quindi approvato ieri mattina con il voto contrario – tanto per cambiare – di Polonia e Ungheria e l’astensione di Austria, Repubblica Ceca e Slovacchia. Questa approvazione spiana la strada per raggiungere un accordo sulla riforma delle regole di asilo a dieci anni dal trattato di Dublino e dopo altrettanti dieci anni di tentativi falliti.

La prima bozza, va ricordato, risale a giugno: fu allora che infatti sono state gettate le basi dell’accordo che oggi ha avuto un ulteriore – ma non definitivo – via libera. Due settimane fa, dopo la presa d’atto da parte del Parlamento delle difficoltà del Consiglio di arrivare ad un accordo, registrammo lo stop ai negoziati del cosiddetto “trilogo”. Poi il vertice dei ministri degli interni dell’UE giovedì scorso aveva trovato un accordo, bloccato all’ultimo tuffo dal niet italiano che voleva venisse tolto un riferimento – totalmente simbolico, sottolineano fonti della Commissione – alle missioni di salvataggio operate dalle ONG nel Mediterraneo.

Ora il via libera con questa approvazione, con l’esultanza sia dell’Italia (Giorgia Meloni ha dichiarato senza mezzi termini che “la posizione italiana ha prevalso”) che della Germania, la cui ministra degli Esteri, esponente dei Verdi, ha parlato di successo tedesco. Di chiunque sia la vittoria, comunque l’accordo c’è e non rimane che arrivare in fondo, passando le forche caudine del vertice informale dei leader UE a Granada di giovedì e venerdì, quelle del referendum polacco che proprio su questo testo è stato convocato in concomitanza con le elezioni politiche di fine mese dal Presidente Duda e infine quelle del trilogo finale, con l’approvazione definitiva.

Il testo attuale prevede – finalmente, aggiungiamo – un meccanismo di solidarietà tra tutti i Paesi membri dell’Unione Europea nell’accoglienza: in caso di ondate migratorie eccezionali, come quelle che sono state registrate a Lampedusa nelle scorse settimane, scatterebbe un obbligo di accoglienza per tutti o, nel caso in cui un Paese rifiutasse, un obbligo di versare una somma di 20.000 euro per ogni migrante non accolto in un fondo speciale. O accogli o paghi, questa è la sostanza.

E questo, oggettivamente, sarebbe invece una buona soluzione che permetterebbe all’Italia di uscire dalla logica di Dublino per cui il Paese di approdo è quello che deve farsi carico del migrante arrivato ed ai Paesi storicamente più “generosi” nella concessione dell’asilo (Francia e Germania in testa) di scaricare su quelli meno generosi – guarda caso Ungheria e Polonia – l’obbligo di accettare richiedenti asilo o, in mancanza, di contribuire finanziariamente al sistema di solidarietà. E questo, se non è una rivoluzione per la cara vecchia Europa, poco ci manca.

Giornalista, genovese di nascita e toscano di adozione, romano dai tempi del referendum costituzionale del 2016, fondatore e poi a lungo direttore di Gay.it, è esperto di digitale e social media. È stato anche responsabile della comunicazione digitale del Partito Democratico e di Italia Viva