Il liceo Verdi era fino a due anni fa il liceo del Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano. Oggi è autonomo, ma fa parte di una realtà unica in Italia: un istituto omnicomprensivo musicale statale rivolto ad una formazione dalla primaria alle superiori.

«Abbiamo dovuto inserire tre indirizzi – racconta Matteo Pauri, docente di filosofia e responsabile dell’orientamento-, il primo è la pedagogia musicale, che è un ambito di ricerca di cui si si sa poco, ma in realtà è già implementato all’interno di alcuni conservatori italiani. Il secondo è la musicoterapia. Ed è l’applicazione della musica a tutti gli ambiti paramedici. La terza tutto quello che può riguardare la competenza musicale nell’ambito tecnologico».

Quindi anche voi avete dovuto fare un grosso sforzo per sincronizzarvi con la città che si trasforma.
«Ci sembrava miope l’atteggiamento che a volte nei conservatori domina. Devo dire che è un grande merito va attribuito in questi casi alla dirigenza che sa guardare oltre».

Se voi non foste al centro di Milano sareste riusciti in tutto questo?
«Torno a dire che il fattore rilevante è stata la volontà e la progettualità della dirigenza. Dopodiché è chiaro che facciamo riferimento a una istituzione che affonda le radici nella tradizione civica milanese. Anche per quanto riguarda l’atteggiamento degli studenti godiamo di una condizione particolare: chi arriva da noi lo fa per proseguire un percorso di formazione musicale, quindi con una motivazione particolare che ne condiziona anche l’approccio».

Sarebbe bello che realtà come la vostra potessero contaminare altre…
«Sì, ad esempio rapportandosi con altre scuole artistiche. A questo proposito devo dire che la città di Milano a volte ha una capacità di espandere in maniera potente le sue idee, le sue innovazioni. A volte invece è come se custodisse in modo un po’ geloso le sue tradizioni. Il risultato è ad esempio che la nostra esperienza è ancora poco conosciuta».

Resta il tema della connessione con il mondo produttivo, del lavoro. Molti docenti lamentano collegamenti solo teorici. Voi avete una specificità di fondo: questo vi agevola?
«È un tema che resta delicato. Gli indirizzi formativi, vanno anche in questo senso, come la musicoterapia che nella sua area è la specializzazione più richiesta. Ma in generale le connessioni potrebbero essere più forti. Però il problema è nelle politiche ministeriali».

Marianna Montanini

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