Ambrogio
Milano, dove i dazi di Trump rischiano di fare il maggior danno. L’indagine del Centro Studi di Confcommercio e i rischi per Lodi, Monza e Brianza

L’imprevedibilità con cui l’economia globale subisce i contraccolpi e le ripercussioni dei dazi imposti dagli Stati Uniti rischia di mettere in ginocchio interi settori. Le misure protezionistiche adottate da Washington – nonostante lo stop di 90 giorni (a parte un simbolico 10%) che non verrà applicato alla Cina – annunciato dal Presidente Trump, non sono solo un problema commerciale, ma costituiscono un sintomo di un ordine economico mondiale sempre più fragile. In questo scenario, l’Unione Europea non può restare spettatrice né agire in ordine sparso.
Evitare la guerra commerciale
È cruciale evitare una guerra commerciale che finirebbe per danneggiare tutti, e per farlo serve una risposta forte, coerente e unitaria. La voce dell’Europa deve farsi sentire nei tavoli negoziali con la consapevolezza del proprio peso globale. Non si tratta solo di difendere le esportazioni di beni europei, ma di riequilibrare un rapporto commerciale oggi fortemente instabile. Il livello di preoccupazione delle imprese è alto perché alti sono i rischi che corrono. Nell’indagine effettuata dal Centro Studi di Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza emerge come il 62% delle imprese esportatrici rispondenti abbia scambi commerciali anche verso gli Stati Uniti d’America e l’aumento dei dazi potrebbe causare una riduzione del loro export. Va ricordato che per la Città metropolitana di Milano, gli Stati Uniti sono il primo Paese di destinazione delle merci, con un peso dell’11% sul totale del commercio estero milanese. Per la provincia di Monza e Brianza, invece, risultano essere il terzo partner commerciale a livello di export, con un peso del 7,7% sul totale.
L’inasprimento delle politiche protezionistiche da parte degli Stati Uniti rischia di mettere a dura prova i rapporti economici tra Italia e USA, con conseguenze che vanno ben oltre il semplice calo dell’export. Se la situazione dovesse peggiorare, non è da escludere un indebolimento anche sul fronte degli investimenti: alcune imprese italiane potrebbero trovarsi costrette a spostare parte della produzione o ad aprire sedi direttamente negli Stati Uniti per aggirare i dazi. Una scelta che, inevitabilmente, avrebbe ripercussioni sull’occupazione in Italia e sull’economia dei territori coinvolti.
Il rischio per il PIL
L’impatto sull’economia europea potrebbe essere significativo: i dazi USA rischiano di rallentare la crescita del PIL dell’UE tra 0,4 e 0,7 punti percentuali tra il 2025 e il 2026. E in uno scenario già fragile, caratterizzato da tensioni geopolitiche e volatilità finanziaria, cresce il rischio di una recessione, accompagnata da un calo della domanda globale. Di fronte a uno scenario in rapido mutamento, anche l’Italia non può restare ferma. Serve una strategia europea compatta, capace di difendere il Made in Italy, tutelare le imprese e trasformare la crisi in un’opportunità per ripensare il nostro ruolo nel commercio globale.
© Riproduzione riservata