L’abitare diverrà un “vestito dell’individuo”. Capire e interpretare questo processo permette di identificare soluzioni concrete che soddisfino i bisogni abitativi in una logica estranea al mercato immobiliare, con un basso impatto ambientale e in una collocazione di area metropolitana.
La funzione di driver economico sulla città del settore immobiliare ha portato il valore degli immobili a scollegarsi dal semplice mercato di domanda e offerta a fini abitativi, entrando in una dimensione di esclusivo investimento (sia per l’afflusso di capitali esteri speculativi, sia per l’estrazione di valore dalla share economy) che rischia di non dialogare più con le necessità abitative.

Seguire pedissequamente questa strada di accumulazione porta a dover “importare” a Milano solo popolazione già ricca, ma mette in secondo piano il presupposto identitario della città che, invece, si fonda sulla capacità di attrarre energie umane che a Milano si arricchiscono e arricchiscono la città in una dinamica di scambi, flussi e mobilità sociali. La questione non può essere risolta all’interno del mercato economico immobiliare, sia perché questo creerebbe fallimentari meccanismi distorsivi (l’housing sociale ne è un esempio), sia perché il mercato ha una forbice ormai troppo ampia tra il costo dell’offerta e il bisogno dei newcomers. Occorre quindi creare nuove forme dell’abitare a cui sottrarre il valore economico di patrimonio o rendita.

Occorre immaginare una nuova forma che potremmo definire “Abitare Informale”. Una panoramica internazionale di cose di questo genere, dalle unità abitative transitorie ai villaggi omogenei, dai resort per anziani alle comunità territoriali informali, ci dice che gli elementi cardine sono: low low cost, transitorietà, abitare distribuito, poco impatto del cemento, vita comunitaria, vasta offerta di servizi comuni. Dove? Sicuramente nell’area metropolitana di prima e seconda fascia. Lo spazio certamente non manca e il Sindaco di Milano deve agire anche da Sindaco metropolitano.

Per chi: è fondamentale che queste nuove realtà sviluppino aggregazioni tendenzialmente omogenee per ridurre il conflitto sociale. Dovrebbero nascere delle Milano in miniatura per studenti fuori sede, immigrati, comunità creative e anziani.
È fondamentale aiutare gli over 80 a liberarsi della frenesia cittadina, sia perché la vivono male, sia perché sono “distorsori di percezione”, sia perché libererebbero un consistente numero di unità abitative in città con un benefico effetto calmieratore sul mercato. I villaggi per anziani devono rappresentare un’alternativa migliore dell’attuale condizione affidata a badanti e RSA.

AleottiLab

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