Diciamolo, era ora! Era ora che la parte di Milano più consapevole e liberale, quella che noi amiamo definire “riformista”, desse la sveglia ad una metropoli che si stava avvitando su se stessa, tra autocelebrazione e prudenza. Quelli dei salari e della casa sono i due temi sui quali si gioca in modo ormai evidentissimo e ineludibile il futuro della città e la sua capacità di restare motore del paese e modello di sviluppo.
Sono i due temi sui quali si gioca in buona parte la credibilità dell’amministrazione in carica e si giocherà la partita politica per quella a venire, ma anche la capacità delle categorie e delle rappresentanze sociali di saper pensare e lavorare in prospettiva, fuori da ogni schema ideologico e di “identità politica”. Non per nulla la sveglia viene dalle reti intellettuali, formate da associazionismo, università e professioni: è in esse che Milano trova da sempre la sostanza del suo essere laboratorio di idee.
Noi ospitiamo due di queste voci, che senza fare sconti e senza remore di politicamente corretto, ci dicono che il tempo sta per scadere e che non c’è un modo adeguato per affrontare il problema di un costo della vita che sale vertiginosamente – mentre gli stipendi restano fermi – se non quello di considerarlo “il problema”. Da lì discende tutto il resto: l’idea di un nuovo welfare, il disegno del futuro imprenditoriale ed economico, il modello di città aperta, perfino la visione di sostenibilità. È una battaglia della Milano riformista, sarà d’ora in poi una nostra battaglia.