Il parere
Milei salverà l’Argentina: è una speranza di rinascita per smantellare l’assistenzialismo

Nel “Si&No” del Riformista spazio all’elezione di Javier Milei in Argentina: riuscirà a salvare il Paese e a portarlo fuori dalla crisi? Favorevole il direttore del Riformista Andrea Ruggieri secondo cui Milei “è una speranza di rinascita per smantellare l’assistenzialismo“. Contrario invece lo scrittore e giornalista Paolo Guzzanti che ribatte: “Milei non salverà l’Argentina, il suo è un pericoloso nazionalismo che distrae col fragore della propaganda”.
Qui il commento di Andrea Ruggieri:
Sgombriamo il campo dal folklore con cui Javier Milei ha colorato la sua campagna elettorale da candidato decisamente sopra le righe, e che a noi composti europei piace fino a un certo punto. Quella è solo una modalità comunicativa dirompente, utile a radicalizzare il confronto e a massimizzare la fidelizzazione elettorale del candidato Milei. Se la sua ricetta funzioni, lo vedremo. Altrove ha funzionato alla grande. Altre latitudini, certo, più anglosassoni e non sudamericane. Ma quel che è certo, è che la ricetta alternativa l’Argentina l’ha provata eccome, ed ha fallito.
E infatti a Milei lascia macerie: inflazione al 140% (no dico: 140%), figlia della moneta stampata dalla Banca Centrale per ovviare la classificazione del debito pubblico classificato CCC dalle agenzie di rating, (cioè “spazzatura”), che impedisce a Buenos Aires di finanziare sui mercati una spesa pubblica mastodontica; debito di 44 miliardi di dollari; metà (no dico: metà) della popolazione sotto la soglia di povertà (infatti la classe media è in via di estinzione); e il peso, la moneta argentina, in caduta libera rispetto al dollaro, che Milei infatti vuole adottare come moneta nazionale anche per frenare la fuga di capitali privati che si registra ormai da anni, con espedienti anche geniali ma illeciti.
Lo chiamano El Loco ma pazzo non è affatto. E nemmeno uno sprovveduto. I suoi cani riflettono i suoi miti in economia, tutti premi nobel: Milton, (come Friedman), Murray (come Rothbard), Robert e Lucas (come Robert Lucas). Non dei pirla qualunque. E in piena aderenza a quella scuola liberale e liberista, Milei vuole smantellare l’assistenzialismo che una classe politica peronista e clientelare ha messo su condannando la popolazione alla povertà in cambio di voti per il proprio consenso. Fuori dal dibattito puerile e di costume se sia o meno formalmente presentabile, la sua ricetta a me piacerebbe si applicasse anche in Italia, e prevede grossi tagli alla spesa pubblica, per porre fine al “modello impoverente dello Stato onnipresente, che beneficia solo alcuni mentre la maggioranza soffre”; privatizzazione selvaggia delle aziende statali, e applicazione del principio del ‘laissez faire’: che facciano il più possibile il mercato, i privati, e lo Stato dimagrisca lasciandogli libertà. Un’impresa: milioni di argentini dipendono dall’assistenza sociale e da sussidi per carburante, elettricità e trasporti, e le grandi aziende argentine dagli appalti statali che costituiscono gran parte del loro fatturato.
Ma è chiaro che servano misure “shock” per risollevare l’economia, sicuramente nel breve periodo impopolari. Vi sarebbe stato costretto dal Fmi chiunque altro. Milei ha però più chance di successo nel medio periodo. Il modello di riferimento è quel che fecero Margaret Tatcher in Inghilterra, o Ronald Reagan in America. I risultati sono passati alla storia. Per copiarli, in un mondo che chiede sempre maggiore libertà individuale, servono coraggio e un po’ di lucida, fantasiosa follia. Javier Milei dovrebbe averli.
Con questo voto, l’Argentina si dà la certezza di avere una speranza di rinascita. Fossi nei politici italiani, prenderei appunti. Uno Stato così imponente, costoso, inefficiente e padrone delle libertà individuali si può avere solo in un regime dove i cittadini siano sudditi. In una democrazia, dove i cittadini sono per fortuna liberi, serve meno Stato e più libertà di creare nuova ricchezza da, solo dopo e senza sprechi, redistribuire a vantaggio di chi ci prova ma non ce la fa. Vamos Javier…!
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