Parte lo spoils system del governo
Mille poltrone da assegnare, parte la grande abbuffata di Fratelli d’Italia: perciò volevano cacciare Draghi
Sì certo, c’è lo spoils system, il cambio dei vertici dell’amministrazione pubblica quando arriva un governo nuovo. Lo volle l’allora ministro alla Funzione pubblica Franco Bassanini, era in carica il primo governo Prodi. Fu una rivoluzione copiata dagli Stati Uniti: entro tre mesi dal voto di fiducia di un nuovo governo, i vertici dell’amministrazione pubblica decadono. Possono essere confermati o cambiati. Da allora è così, nella speranza non sempre rispettata che il cambio sia dettato dal merito e non dalla fame di posti. Ma poi c’è soprattutto “la grande partita” delle nomine. I più gentili lo chiamano “il gran ballo”. Per i più scettici si tratta della “grande abbuffata”. Si parla del rinnovo potenziale di 73 consigli di amministrazione di società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato.
A stare bassi, si parla di oltre mille persone che avranno incarichi più o meno di rilievo e comunque ben pagati dallo Stato. Alla faccia della sempre evocata ma sempre rinviata (anche dai 5 Stelle) spending review. E le controllate/partecipate sono rimaste la sacca del consenso politico. Ora, è un concetto abbastanza ricorrente e condiviso da tutte le forze politiche, che uno dei motivi per cui il governo Draghi è stato mandato a casa a luglio è che in questo modo il nuovo governo avrebbe avuto mani libere nella formazione del deep state. Il “banco” di questa partita, abbuffata o ballo che dir si viglia, lo tiene in mano Guido Crosetto, il ministro della Difesa, tra i fondatori di Fratelli d’Italia e da sempre uno dei pochi di quel partito con accesso libero a quel deep state che così tanto conta e decide.
Lo spoils system
La partita sullo spoils system è già iniziata. Ed è anche la più scontata. Così fan tutti. Entro il 24 gennaio, i 40 manager/dirigenti che guidano i ministeri, decadono dalle funzioni. Possono essere riconfermati. In caso di silenzio, cessano le funzioni. Sono vacanze agitate e incerte per molti di loro. Certo, si presume che il criterio guida sia sempre quello del merito e non quello dell’occupazione militare dei posti. Ma visto che Fratelli d’Italia non ha mai governato, si può capire come la voglia di occupare quei posti per avere in mano le chiavi del vero potere possa alla fine essere prevalente. La domanda è quella che accompagna la legislatura dal suo inizio: la destra di governo ha classe dirigente adeguata? Guido Crosetto ha detto di “voler usare il machete anche contro chi nelle amministrazioni si è contraddistinto per la capacità di dire no”.
La premier Giorgia Meloni è stata più cauta e comunque ha avvisato di “voler cambiare la Bassanini”. Si presume nel senso che lo spoils system debba riguardare non solo i vertici dei ministeri ma anche il livello subito sotto, cioè altre 400 teste circa. L’operazione, si diceva, è già iniziata: Nicola Magrini, al vertice di Aifa, l’agenzia del farmaco per voler dell’ex ministro Speranza, pur essendo un tecnico è già stato sostituito. Due giorni prima aveva rilasciato un’intervista in cui diceva che il governo ha abbassato la guardia sui vaccini. Stesso destino per Giovanni Legnini, ex senatore Pd, ex vicepresidente del Csm, abruzzese, gli è stata tolta la carica di commissario per la ricostruzione del centro Italia. Stava facendo molto bene Legnini. Tanto che lo hanno incaricato anche per il dossier Ischia. Ma non importa: al suo posto il senatore Guido Castelli, ex sindaco di Ascoli, amministratore capace. In questo caso possiamo dire che il merito è stato garantito.
Si fa un gran parlare del destino di due big come Alessandro Rivera, direttore generale del Tesoro da quattro anni e mezzo, l’uomo che gestisce le partite economiche con Ecofin e Bruxelles. E di Biagio Mazzotta, a capo della ragioneria generale subito dopo Daniele Franco. È a loro che si riferiva Crosetto quando ha parlato di “machete”? Vedremo. Una cosa è certa: su alcuni nomi il Quirinale vuole essere informato in tempo utile per le valutazioni del caso. Spoils system quanto si vuole, ma su certe caselle non si può scherzare. E tanto Rivera che Mazzotta sono molto stimati a Bruxelles dove si stanno decidendo, tra le altre cose, le eventuali modifiche del Pnrr e del Patto di stabilità.
Al rinnovo 73 partecipate e controllate
E poi c’è il gran ballo delle nomine. Non solo le big come Eni, Enel e Leonardo. In base al rapporto del servizio di controllo parlamentare della Camera dei Deputati «Ricognizione degli assetti organizzativi delle principali società a partecipazione pubblica», si parla di almeno altre 70 società i cui cda hanno perso efficacia alla fine del 2022. Il Rapporto mette in fila un lungo elenco di società con rispettive competenze: legate al ministero dell’Economia ci sono la Amco-Asset Management Company, che gestisce i crediti deteriorati della banche, ma anche il Monte dei Paschi di Siena; Consap (servizi assicurativi alle società pubbliche), Consip, Enav che controlla i cieli italiani.
E ancora Equitalia Giustizia e l’Istituto Poligrafico dello Stato, Poste Italiane, Sogesid e Sport e Salute. Fine mandato anche per Franco Bernabè alle Acciaierie d’Italia, ma anche per i cda di Cdp Venture Capital Sgr e alla Infratel, incaricata di realizzare le infrastrutture telefoniche per la banda larga. Scaduta anche tutta la galassia Eni, delle Ferrovie dello Stato, di Leonardo e Poste Italiane (Consorzio per i servizi di telefonia mobile; Mlk Deliveries; Poste Air Cargo; Poste Vita; Postepay e Sennder Italia). Arrivati al capolinea anche i vertici di Rai Cinema, Rai Com e Rai Way. Un elenco lunghissimo in cui facile perdersi e chiedersi: e questi chi sono? Che fanno?
E la spending review?
Sarebbe interessante capire se “il machete” di Crosetto possa essere usato nel senso di chiudere finalmente qualcuna di questa società. Nel Rapporto (sempre Camera dei deputati) “Le partecipate pubbliche in Italia” aggiornato a febbraio 2022 emerge che le unità economiche partecipate dal settore pubblico sono 8.175 e impiegano 932.714 addetti. Questo numero è in costante seppur minima diminuzione. L’Istat evidenzia che le imprese a controllo pubblico generano oltre 58 miliardi di valore aggiunto (il 7% di quello prodotto dai settori dell’Industria e dei Servizi).
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