“La sua scuola cercava d’infondere la voglia di imparare, la disponibilità a lavorare insieme agli altri. Cercava di instaurare l’abitudine a usare lo spirito critico. Senza sottrarsi mai al confronto o pretendere di mettere a tacere qualcuno, tanto meno un libro o la sua presentazione…”. Con queste parole il Presidente Sergio Mattarella, durante la celebrazione per il centenario della nascita di Don Milani, ha voluto prendere una netta posizione nel dibattito sulla violenta contestazione subita dal Ministro Eugenia Roccella al Salone del libro di Torino.
Già, perché se è stato chiaro fin da subito a ogni sincero democratico che quell’episodio nulla c’entrasse con il diritto di critica e molto invece con un violento e illiberale tentativo di censura, c’è comunque chi ha approfittato per darci ancora prova, caso mai ce ne fosse bisogno, di quanto spirito illiberale serpeggi nei maître à penser, intellettuali e politici nostrani.
In questo Pantheon del Capalbio-pensiero, non poteva mancare Roberto Saviano, secondo il quale Roccella non sarebbe andata lì a presentare un libro ma a “provocare”. Tutto molto chiaro: chi non la pensa come lui, non esprime idee, ma provocazioni. Non poteva ovviamente mancare la difesa dell’utero in affitto: d’altronde, capiamolo, dall’attico di New York risulta difficile vedere le donne sfruttate del Queens.
Sempre presente poi la scrittrice Michela Murgia, secondo cui impedire a un Ministro di parlare sarebbe “democrazia”, considerato che “in questi mesi Eugenia Roccella ha fatto molte cose che hanno cambiato la vita delle famiglie non tradizionali”. Non si capisce quali, visto che in gazzetta ufficiale non se ne trovano. E visto che l’ultima legge sui diritti risale a uno scout cattolico, che ha varato le unioni civili, viene da chiedersi cosa abbiano fatto i suoi riferimenti culturali in questi anni, ma passiamo oltre.
A condire tale Olimpo Ztl e radical chic, non poteva mancare la Fata Madrina: “È surreale il problema che ha questo governo con ogni forma di dissenso”, ha commentato Elly Schlein.
Tra i personaggi minori si segnala Tommaso Montanari, rettore dell’Università per stranieri di Siena, salito alle cronache per aver definito Mario Draghi “il nostro Bolsonaro”. Secondo lui, “vogliono un’Italia come la Polonia”. Quello che solleva di fronte a tale cultura dell’intolleranza, è l’intervento del Presidente Mattarella, che della Carta è garante. Non solo perché con grande senso delle istituzioni ha voluto lanciare un monito che coinvolge nel suo profondo lo stato di diritto e le libertà, ma anche perché ha scelto di farlo in un momento assai significativo per lui e per la sinistra cattolica ricordando di Don Milani.
Quello che preoccupa è che, in nome del “non tollerare gli intolleranti”, troppo spesso si propagano teorie illiberali. Iniziando, guarda un po’, sempre dai libri. Basta pensare al Canada dei giorni nostri, dove gli ultraprogressisti woke bruciano con lo stesso spirito opere non allineate alle loro idee. Forse Popper prima di citarlo, la sinistra e i liberal – senza la i, i liberali sono di altro avviso – andrebbe riletto: perché a guardar bene quel paradosso utilizzato spesso per censurare e zittire opinioni differenti nel caso di Torino si applica ai contestatori, non alla Ministra contestata.