L'uccisione di Attanasio e Iacovacci
Ministro Di Maio, la sicurezza degli italiani all’estero non si affida all’Onu!
Sulla morte dell’ambasciatore Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci abbiamo letto molte riflessioni commoventi. Al di là però di tutte queste sincere manifestazioni di dolore a nostro avviso c’è un problema non risolto neanche da ciò che ha detto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio nella sua esposizione in Parlamento. Anzi, per certi aspetti, proprio l’esposizione del ministro pone dei problemi molto seri. Infatti, Di Maio ha messo in evidenza l’estrema pericolosità esistente in molte zone del Congo. Allora, francamente, il fatto che a tutela dell’ambasciata italiana a Kinshasa, cioè del suo ambasciatore e dell’altro personale, siano in tutto quattro carabinieri mette in evidenza l’esistenza di una questione assai seria.
Parliamo infatti del Congo, non di uno staterello, e di un Paese nel quale peraltro manifestiamo la giusta intenzione di sviluppare una vasta iniziativa umanitaria. Ora, paradossalmente, il basso numero di scorte non riduce i pericoli, anzi li aumenta per tutti. Per di più affidarsi all’Onu per la tutela dei nostri militari è obiettivamente un tragico errore perché al di là della retorica la storia delle Nazioni Unite è piena di défaillance su questo terreno, e non soltanto a Srebrenica. Non devono essere i singoli diplomatici a doversi dare da fare per proteggersi, ma deve esserci un impegno del sistema Italia. Allora, il ministero degli Esteri, il ministero della Difesa, l’Aise devono fare una mappa dei rischi nel mondo e sulla base di questa mappa vanno tratte le conseguenze sulla quantità e sulla qualità della copertura militare da assicurare.
Per esempio, se non ricordiamo male, a suo tempo l’ambasciata italiana in Iraq era saldamente protetta da un contingente del Tuscania, cioè di gente ad altra professionalità. Apprendere dalle ricostruzioni fatte che il nostro diplomatico si è mosso su un’auto non blindata e con un carabiniere di scorta francamente accentua le perplessità e gli interrogativi. La presenza di una scorta mette in evidenza la consapevolezza dell’esistenza di un pericolo, ma combinare insieme un singolo diplomatico con un singolo uomo di scorta vuol dire andare incontro a pericoli gravissimi come poi in effetti è tragicamente avvenuto.
Il problema non è quello ex post di ricostruire gli avvenimenti che hanno portato alla tragedia, ma se possibile ragionare anche in modo autocritico sul modo di evitarla questa tragedia. Da questo punto di vista finora non abbiamo ascoltato riflessioni convincenti, ma ricostruzioni basate su un giustificazionismo che tende a riversare su altri non responsabilità, ma impegni che invece dovremmo prendere in prima persona. Per essere chiari fino in fondo, non possiamo svolgere una benemerita attività umanitaria se non ci poniamo in modo assai rigoroso l’obiettivo di proteggere dall’Italia, non con delega ad altri, la sicurezza degli italiani che svolgono questa attività.
Le commemorazioni, specie se sincere come è nel nostro caso, sono apprezzabili, ma sarebbe molto più apprezzabile se si lavorasse preventivamente proprio per evitarle. Da questo punto di vista non abbiamo colto purtroppo i termini di nessuna riflessione critica e autocritica.
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