«Bisogna interrogarsi sull’approccio di un minore alla devianza e soprattutto bisognerebbe spiegargli in cosa consiste un processo e cosa gli sta chiedendo un giudice: sarebbe importante avere un giurista all’interno delle comunità per minori». L’avvocato Marika La Pietra, referente campano di Antigone, analizza le possibili strategie per salvare i ragazzi che cadono nelle maglie della giustizia minorile.

Avvocato, la giustizia minorile pare non funzionare. Qual è lo stato delle cose?
«Purtroppo la legislazione penale minorile è ferma al Dpr 448/88 e al decreto legislativo 121 del 2018 che è stato fortemente voluto anche all’esito degli Stati generali. Tuttavia, si avverte forte la necessita della creazione di una normativa codicistica specifica per i minori».

Nello specifico quali interventi legislativi andrebbero messi in atto?
«Sarebbe necessaria la stesura di un codice di diritto sostanziale creato appositamente per i minori. Manca, inoltre, una politica di prevenzione che eviti o che sia capace di ridurre fortemente il rischio di caduta nel mondo della devianza. Ci dobbiamo interrogare sulle ragioni dell’approccio al mondo della devianza e continuare a migliorare gli strumenti in nostro possesso».

Uno di questi strumenti è l’istituto della messa alla prova, che resta un’ottima alternativa al carcere e mette il minore in condizione di attingere alle proprie risorse.
«La messa alla prova è utile e assolutamente d’esempio per evitare che il minore venga frustrato anche dal meccanismo procedurale penale e stigmatizzato da una fase esecutiva in carcere, che ricordo deve essere sempre considerato extrema ratio. Ma c’è la necessità di interventi di natura preventiva che agiscano anche sul contesto di appartenenza, sulla famiglia, nello sviluppo costante di una rete di supporto-ombrello».

I numeri però ci dicono che i minori che ottengono la messa alla prova tornano a delinquere in percentuali alte.
«Ho letto di questi numeri e mi sorprende perché in realtà è molto difficile reperire dati precisi sul fenomeno recidivo di un minore che entra nel circuito penale e che poi ottiene la messa alla prova. Sarebbe interessante il monitoraggio costante di questi numeri attraverso un osservatorio permanente. E proprio per questo è stato importante istituire l’osservatorio minorile di Antigone in Campania. Quest’anno è partita la sperimentazione dell’Osservatorio anche all’interno delle comunità per i minori perché la raccolta di questi dati è importante e speriamo possa confluire in una scelta di monitoraggio anche a livello istituzionale».

Come potremmo migliorare la messa alla prova?
«Dobbiamo creare una rete attorno al minore. Bisogna domandarsi: quanto il percorso è finalizzato a una concreta chance? Il minore viene seguito quando diventa un giovane adulto? L’impegno delle comunità deve trovare un riscontro pratico con l’accesso nel mondo del lavoro e ciò impone interventi, ad esempio, sulle politiche di assunzione dei minori considerati a rischio o che sono già all’interno del circuito penale. Vanno rafforzate le politiche di accompagnamento nella fase post-esecutiva».

Le comunità che accolgono i minori funzionano? In cosa sono carenti?
«La maggior parte delle comunità funziona e funziona anche bene, ci sono attività che avviano al mondo del lavoro, attività sportive e di volontariato. Quello che credo manchi però, è una figura esperta nella materia penale o amministrativa che si premuri di accompagnare il minore anche all’approccio con il circuito penale e procedurale penale. Mi sorprende perché molto spesso questi ragazzi che entrano in comunità per la prima volta, anche se hanno sentito parlare di tribunali, giudici, aule e avvocati, non sanno concretamente di cosa si tratti. Non capiscono su cosa il giudice si stia interrogando, su cosa la società stia chiedendo loro. Credo che prima di chiedere al minore un’azione mirata al suo re-ingresso in società, bisogna chiarirgli bene qual è la domanda e quali sono le alternative fattuali alle quali può accedere».

 

Avatar photo

Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.