Un bilancio da città in guerra quello stilato dai Carabinieri: in undici mesi sono state sequestrate a Napoli 671 armi, vale a dire più di due al giorno. Sono 324 le persone arrestate o denunciate per aver portato o usato un’arma di ogni genere, si va dal tirapugni al coltello, passando anche dalle pistole ai mitra. È la fotografia allarmante di una città fuori controllo, di una generazione fuori controllo.

«I numeri non sorprendono – commenta Giacomo Di Gennaro, professore di sociologia giuridica, della devianza e mutamento sociale dell’Università di Napoli Federico II – Sono gli effetti della crisi economica, del dopo Pandemia e a questo si aggiunge che c’è una dinamicità, che significa anche scontro tra i clan criminali, di camorra sul territorio e questo spiega anche un aumento della circolazione delle armi». Delle 324 persone arrestate o denunciate per detenzione o utilizzo di un’arma ci sono ben 45 minori. «Purtroppo, c’è un aumento della disponibilità di minori che vivono in condizione di marginalità ed esclusione sociale a intraprendere queste “carriere” – continua Di Gennaro – O ci convinciamo che si deve realizzare un serio e costante intervento sul territorio in termini di prevenzione non solo di contrasto, perché il contrasto bene o male si realizza, o non ne usciremo».

E in questo caso Napoli e l’Ucraina non sono poi così lontani. Gli effetti di una guerra devastante arrivano fino a qui. «Il flusso delle armi è aumentato perché le armi che arrivano dall’Unione Europea in Ucraina vengono intercettate anche dalle mafie dei paesi dell’Est – spiega il docente – e quindi il fatto che le armi finiscano nel traffico illegale non ci meraviglia per niente. Non pensiamo solo ai missili, ma anche alle armi più comuni. E non ci meravigliamo neanche se una quota di queste passa anche per Napoli». Perché? «Perché queste armi vengono utilizzate dai clan per sostenere la fibrillazione della guerra per il territorio che si sta affermando di nuovo – risponde Di Gennaro – non ci sono più i boss di riferimento come anni fa, chi è più forte vince, chi vince controlla. E si agisce con le armi». Armi, poche opportunità, giovani dispersi nel vortice della povertà educativa: un mix esplosivo.

«Purtroppo, tutto questo si riverbera anche in termini di una disponibilità sempre più estesa di minori che guardano alle opportunità e ai traffici illegali come una opzione per fronteggiare la mancanza di lavoro, la crisi economica e l’assenza di risorse – conclude Di Gennaro – Bisogna lavorare sulla prevenzione: investimento sulle aree territoriali più a rischio. Penso, per esempio ai maestri di strada, ma vi pare normale che loro non abbiano risorse per poter lavorare per colpa della burocrazia? Parliamo di fondi che sono già stati assegnati a queste attività ma che non riescono a essere sbloccati: questo non ha senso, una regione non si può permettere questi lussi». Di cosa avrebbe bisogno la nostra città? «Di un piano Marshall per il sociale: Napoli ha il più alto numero di giovani e al contempo il più alto tasso di disoccupazione e di lavoro a nero. Serve un piano Marshall serio e che va monitorato e valutato ogni sei mesi, e lo si fa reclutando assistenti sociali, sostenendo progetti territoriali educativi, azioni di prevenzione precoce già con i bambini delle scuole elementari. Dobbiamo parlare di un Pnrr sociale – chiosa Di GennaroE se ci sbrighiamo a mettere in campo azioni concrete e costanti forse ne inizieremo a uscire tra dieci anni. Dieci».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.