La rivolta della Wagner continua a lasciare la Russia in una coltre di mistero. Le notizie sulla compagnia di mercenari sono ancora confuse. Del suo capo, Evgenij Prigozhin, giungono informazioni su presunti colloqui con Vladimir Putin dopo l’ammutinamento, di cure per una forma di tumore all’addome ricevute a suo tempo in una clinica legata alla figlia dello stesso presidente russo. E a conferma dei dubbi sulla sua possibile sorte, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, scherzando al vertice di Helsinki, ha consigliato allo «chef di Putin» di stare attento a cosa mangia, alludendo a un possibile avvelenamento.
Intanto il ministero della Difesa russo procede in questi giorni con la consegna di quella parte dell’arsenale della Wagner alle forze regolari come parte dell’accordo di «pace». Equipaggiamenti, 20mila armi leggere, 2.500 tonnellate di munizioni, sistemi Pantsir, lanciarazzi Grad e Uragan, carri armati. Un carico che fa comprendere le capacità militari ottenute nel tempo dai contractor.
A Mosca, intanto, la faccenda appare tutt’altro che chiusa. Anzi, più passano i giorni e si prova a normalizzare gli apparati russi, più si notano cambiamenti e gialli che riguardano i vertici militari sospettati di essere vicini alla rivolta. Secondo il Wall Street Journal, 13 alti ufficiali dell’esercito sarebbero stati arrestati subito dopo la misteriosa marcia di Prigozhin, mentre 15 sarebbero stati sospesi dal servizio o licenziati. Tra i nomi di alto profilo vi sarebbe il generale Sergei Surovikin, ritenuto vicino alla Wagner, il colonnello generale Andrey Yudin, il vicecapo dell’intelligence militare, tenente generale Vladimir Alexeyev, e, Mikhail Mizintsev, il «macellaio di Mariupol» silurato dal Cremlino e passato alla Wagner. Nel frattempo il direttore del servizio di intelligence estera russo, Sergey Naryshkin, ha confermato di aver parlato con il direttore della Cia William Burns a fine giugno: tra i temi della telefonata la rivolta ma soprattutto l’Ucraina.

Lorenzo Vita

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