In tempi polarizzanti come quelli attuali, in cui parafrasando Winston Churchill e senza il rischio di risultare aulici, una nuova cortina di ferro – non più solo di ferro – sta calando sull’Europa, tutto assume un valore che va al di là della dimensione nazionale. Soprattutto se ad essere in gioco è anche la scelta tra una delle due polarità. La Moldavia questa scelta l’ha compiuta in quello che forse sarà ricordato come uno dei turni elettorali non solo più dilaniati ma anche imprevisti, se non per l’esito – che non era scontato – per i ritmi che hanno condotto ad un risultato che indirizza il paese verso Occidente e lo stacca dall’Est, dalla sfera d’influenza di Mosca.

L’antefatto

La storia inizia il 27 agosto 1991, data in cui dopo il tentato Colpo di Stato nell’Unione Sovietica, anche la Moldavia come le altre repubbliche che componevano l’Urss dichiarò l’indipendenza, ma su un territorio ben più limitato rispetto a quello che viene comunemente definita “Moldavia Storica”, antica terra dei Daci. Già nel 1992 si ebbero i primi disordini nella regione russofona della Transnistria, che ottenne la sua autonomia, in quanto la repubblica moldava non controlla quel territorio. Come l’intera area che apparteneva storicamente alla zona d’influenza russa, con l’irrigidirsi delle posizioni internazionali e l’accentuarsi dello scontro tra Russia e Occidente, anche la Moldavia si è trovata al centro dello scontro tra Europa e Russia, tra mire espansionistiche del Cremlino, supportate da una parte rilevante della popolazione e chi invece aspira per la Moldavia un futuro in Europa e forse anche nella Nato – con tutti i rischi che questo comporterebbe nell’ottica tutta ancora in divenire del conflitto in Ucraina.

Il referendum

Perciò il doppio appuntamento elettorale di questo fine settimana rappresenta lo spartiacque tra ciò che è stato e ciò che potrebbe accadere nel prossimo futuro, per un paese nel quale la lesione tra est e ovest si è accentuata e radicalizzata negli ultimi anni. I moldavi erano chiamati a scegliere se inserire in costituzione l’impegno ad entrare nell’Unione europea e ad eleggere il presidente della Repubblica. Dopo un testa a testa, con un margine sottilissimo che si è aggirato tra i 9.000 e gli 11.000 voti, il sì all’adesione al processo di integrazione europeo ha prevalso, ma determinati sono stati i voti dei moldavi residenti all’estero – quindi coloro che già vivono oltre quella che un tempo avremmo definito “cortina di ferro” che separa le sfere d’influenza. La Moldavia nel 2022 ha ottenuto lo status di paese candidato ed è impegnata in una fase di colloqui con le istituzioni europee resi complicati oltre che dal clima internazionale anche da quello interno.

Il Cremlino

La presidente Maia Sadu (centrodestra) vincitrice del primo turno di queste presidenziali non ha mancato di denunciare le ingerenze russe nella campagna referendaria a spoglio in corso, parlando di “gruppi criminali” al soldo di potenze straniere e addirittura di una vera e propria compravendita di voti. Una frecciata diretta al Cremlino che ha rigettato le accuse, parlando di “campagna elettorale antidemocratica”, soggiungendo che sì “le ingerenze ci sono state”, ma “da parte degli occidentali”. Secondo Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, la “leadership moldava ha utilizzato le risorse statali per la campagna elettorale, attuato repressioni contro gli avversari politici”. Clima rovente che si respira in un paese di poco più di tre milioni di abitanti e in cui oggi più che mai nulla può essere dato per scontato. Ucraina docet.

Anche Dimitry Peskov è intervenuto sostenendo che quelle della presidente Sadu “sono accuse molto serie” e necessitano quindi che “all’opinione pubblica siano mostrate le prove”. Il Cremlino accusa indirettamente la Sadu e l’Occidente di aver giocato la carte d’intimidazione degli indecisi a urne aperte, giocando sulle accuse a Mosca. Una guerra di propaganda che ci riporta al clima di “guerra fredda” che l’est Europa respira ormai senza dubbio alcuno. La Sadu dovrà però affrontare il secondo turno contro Alexandr Stoianoglo, candidato del partito socialista che per tradizione è filorusso.

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Nato nel 1994, esattamente il 7 ottobre giorno della Battaglia di Lepanto, Calabrese. Allievo non frequentante - per ragioni anagrafiche - di Ansaldo e Longanesi, amo la politica e mi piace raccontarla. Conservatore per vocazione. Direttore di Nazione Futura dal settembre 2022. Fumatore per virtù - non per vizio - di sigari, ho solo un mito John Wayne.