Centocinquanta testimonianze di violenze, oscenità, catcalling, insulti. È il bilancio, secondo il collettivo femminista ‘Non una di meno’ di Rimini, della quattro giorni della 93esima adunata nazionale degli Alpini, terminata lo scorso week end nella città della riviera e a San Marino.

Se infatti per il sindaco Jamil Sadegholvaad l’evento, che ha invaso di 400mila persone la città, con 80mila soltanto domenica per la sfilata di chiusura, è stato “una sfida vinta”, la pensano in altro modo le donne che hanno denunciato i comportamenti aggressivi e vessatori degli stessi alpini.

Ieri sera mentre andavo in bici mi hanno fermata cercando di farmi entrare in un capannone, io sono scappata pedalando più veloce”, ha raccontato una donna in una delle molte testimonianze raccolte dal movimento femminista. “Faccio la cameriera e tra ieri e oggi è stato surreale il livello di molestie che ho dovuto sopportare. Gente che allunga le mani, cerca di darti baci sulla guancia dopo averti tolto di forza la mascherina, continui apprezzamenti che passano dal “sei bella” a chiederti che intimo indossi, se lo indossi”, ha detto un’altra ragazza, stando alle testimonianze riportata dal collettivo femminista. 

Altri racconti rivelano come in città siano stati distribuiti biglietti da visita per strada sui quali, oltre a un numero di cellulare, c’era scritto: “Se ti senti sola ed annoiata chiama un Alpino dell’Adunata…”.

Per Chiara Bellini, il vicesindaco di Rimini, “non si deve accusare mai un gruppo o una categoria di persone solo perché fanno parte di essi alcuni poco di buono, delinquenti o molestatori. Sarebbe come dire che tutti i tifosi di calcio siano degli ultras violenti”. Bellini quindi sottolinea che “vanno condannati senza se e senza ma certi atteggiamenti sessisti, molestie verbali, commenti non voluti o graditi alle donne. Nessun uomo è autorizzato a farli, con o senza cappello con la piuma. È bene, tuttavia, che i rappresentanti dei gruppi alpini monitorino il comportamento dei loro appartenenti e che diano segnali chiari. Per questo ho chiamato l’organizzazione e fatto presente le segnalazioni di alcune donne”.

Polemiche e tam tam sui social che costringe quindi l’ANA, l’Associazione nazionale alpini, a intervenire prendendo “ovviamente le distanze dai comportamenti incivili segnalati, che certo non appartengono a tradizioni e valori che da sempre custodisce e porta avanti”. Ma l’ANA sottolinea anche che non risulterebbe alcuna denuncia presentata alle forze dell’ordine e che la grandissima maggioranza dei soci dell’Ana, a causa della sospensione della leva nel 2004, oggi ha almeno 38 anni: dunque persone molto più giovani difficilmente sono autentici alpini.

Il presidente dell’Associazione, Sebastiano Favero, ha poi ‘ridimensionato’ le accuse e in una intervista a Il Resto del Carlino parla di “allegria e un po’ di goliardia” e che vi sarebbero “gruppi di infiltrati”, giovani, “che comprano un cappello finto e si mescolano tra noi per fare baldoria”.

Quanto accaduto a Rimini non è però una novità. Già nel 2018 a Trento, all’epoca sede dell’adunata nazionale, per gli stessi motivi l’ANA fu costretta a prendere posizione dopo l’emergere di numerose testimonianze di violenze verbali e fisiche. E probabilmente non è un caso se sul sito dell’ANA si possa trovare anche un decalogo dell’adunata dove viene definita “l’ubriachezza uno dei peggiori vizi dell’uomo” e dove si richiama al “rispetto per il gentil sesso” per non trasformare l’adunata in un baccanale.

Redazione

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