«Il momento in cui l’America si ridefinisce». Maurizio Molinari, editorialista di Repubblica, in libreria con “Mediterraneo Conteso” (Rizzoli), condivide con noi la sua analisi – non priva di aperture di credito – sui prossimi passi della nuova presidenza Trump.

Il risultato inatteso di Trump di quale America ci parla?
«È lo specchio di un’America indebolita dall’inflazione, impaurita dagli immigrati illegali e desiderosa di porre fine ai conflitti infiniti. È l’identità di un “movimento”, come lo definiscono Trump e il vice Vance, assai più esteso dei conservatori perché include indipendenti, libertari, non votanti ed anche una quota minoritaria ma significativa di democratici. Siamo di fronte ad uno di quei momenti della Storia nei quali l’America si ridefinisce».

Ha vinto Trump, ma hanno vinto anche i repubblicani?
«I repubblicani di Bush e McCain non esistono più. Trump li assimila ai democratici di Clinton, Obama e Biden. Due anni fa i candidati di Trump persero le elezioni di Midterm e fra i repubblicani si imposero i suoi avversari ma non è poi emerso nessun leader alternativo a “The Donald”. Ecco perché Trump ha ripreso la corsa, a dispetto di impeachment. condanne, scandali ed anche dei gravi errori commessi il 6 gennaio 2021 durante l’assalto al Congresso di Washington».

Quali Stati Uniti saranno quelli dei prossimi quattro anni?
«Il ritmo della politica americana è molto veloce. Trump è al secondo mandato, non potrà essere rieletto e fra soli due anni deve affrontare le elezioni di Midterm per il Congresso. Ha appena 18 mesi di tempo per varare riforme interne capaci di non farlo diventare un’”Anatra zoppa”. Credo agirà in fretta, sin dal giorno dell’Inaugurazione, su migranti illegali ed inflazione. E punterà a ridisegnare la gestione finanziaria del governo federale. Questo sarà probabilmente il compito che affiderà ad Elon Musk».

La doccia fredda servirà a svegliare l’Europa dormiente?
«Alleati ed avversari di Trump possono avere ovviamente opinioni diverse sul voto Usa ma se vogliono avere a che fare con la Casa Bianca dovranno dialogare con un leader imprevedibile che vuole anzitutto fare gli interessi dell’America e migliorare la vita dei suoi cittadini. Per l’Ue significherà affrontare presto il tema dello squilibrio commerciale che Trump stima in circa 200 miliardi di dollari. Poi verrà il fronte della spesa per la Difesa nella cornice della Nato. L’Europa ha due strade: il negoziato duro o lo scontro aperto con Trump. Avrebbe bisogno di un leader come Mario Draghi per trattare in maniera franca, nella cornice dell’irrinunciabile alleanza euroamericana».

Quali saranno gli effetti sulla guerra in Medio Oriente?
«Trump ha promesso di porre fine ai conflitti. In Medio Oriente chiederà a Hamas di liberare gli ostaggi, all’Iran di cessare gli attacchi a Israele ed al premier Netanyahu di porre fine alle operazioni militari a Gaza e in Libano del Sud. Ma l’obiettivo più importante è l’intesa fra Riad e Gerusalemme per completare gli Accordi di Abramo che proprio lui, nel 2020, iniziò, creando un nuovo assetto in Medio Oriente».

E sull’Ucraina?
«Proporrà un accordo a Putin per porre fine alla guerra in Ucraina, offrendogli concessioni. Ed un patto globale contro la Cina. Ma per Putin accettare significherà rinunciare alle armi ovvero al progetto di ridisegnare l’ordine di sicurezza globale sulla base degli interessi russi. Anche per Putin si avvicina il momento di scelte difficili. Se dovesse infatti rifiutare, la reazione di Trump potrebbe essere imprevedibile».

I democratici americani devono reinventarsi. E forse non solo quelli americani, per tornare a vincere…
«Dopo la sconfitta di Kerry da parte di Bush nel 2004 fu Obama a prendere le redini dei democratici, spostandoli più a sinistra rispetto all’eredità moderata dei Clinton. Ora l’interrogativo è se dopo la sconfitta di Harris emergeranno dei leader democratici capaci di fare la scelta opposta, riconquistando moderati ed indipendenti che li hanno abbandonati. E’ la stessa sfida di fronte alla quale si trovano i partiti progressisti in Europa: comprendere il disagio del ceto medio e proporre delle ricette per offrire alla classe media protezione e sicurezza, anzitutto economica».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.