Il mistero della moria dei pesci nel Tevere deve ancora essere risolto. Carcasse di cefali, carpe e pesci siluro che da più di una settimana spuntano dalle acque del fiume, tra odori nauseabondi, creando evidenti disagi per cittadini e turisti.
I dati arrivati oggi dall’Arpa, che lo scorso 26 agosto aveva effettuato un sopralluogo e raccolto campioni da analizzare, non sono al momento sufficienti a spiegare il fenomeno (in realtà ricorrente) su cui si rincorrono alcune ipotesi. Mentre la Regione Lazio ha richiesto un intervento urgente da parte della sindaca Raggi, in quanto responsabile della rimozione anche di questa tipologia di rifiuti.
La nota dell’Arpa
“I dati provvisori ottenuti e le misure effettuate in campo non hanno evidenziato fino al momento particolari criticità. Infatti le misure in campo hanno mostrato una normale presenza di ossigeno disciolto e le analisi chimiche e microbiologiche non si discostano in modo significativo dai dati generalmente riscontrati durante le attività di monitoraggio del fiume. In particolare i parametri: ammoniaca non ionizzata, cianuri, e anche il carico di materiale organico appaiono sostanzialmente nella norma”.
Sono queste le conclusioni provvisorie dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale, contenute nella relazione sui primi esiti dei campionamenti effettuati. Una valutazione che dovrà però essere rivista “una volta che il quadro analitico sarà completo” sottolinea l’Agenzia. I risultati presentati, infatti, sono parziali “dal momento che un numero di analisi significative (ad esempio, pesticidi; valutazioni necroscopiche sulle carcasse di pesce; ecc.) sono ancora in corso.”
Quindi cosa può aver provocato la morte di migliaia di pesci? Lo scorso 29 agosto, solo dalla darsena portuale di Fiumicino- altra zona coinvolta- ne sono stati rimossi circa 6 quintali come riportato dall’Ansa. Secondo l’Arpa, per una migliore comprensione del fenomeno, può essere utile effettuare “un confronto sinottico con i due eventi di moria ittica avvenuti lo scorso anno nello stesso tratto del fiume. I due eventi (30-31 maggio 2020 e 4-5 luglio 2020) sono intervenuti in giorni immediatamente successivi a intensi fenomeni piovosi preceduti da un periodo di relativa siccità.” Proprio come accaduto quest’anno, dove la moria ittica si è verificata a 48 ore di distanza da piogge intense in un momento di secca del Tevere.
“Pertanto è possibile, in questa fase, ipotizzare un meccanismo simile a quello descritto lo scorso anno- spiega la nota-. Dopo un periodo di siccità, intense ed improvvise precipitazioni possono in breve tempo convogliare nel corpo idrico recettore una notevole quantità di sostanza organica dilavata dai terreni, fossi di scolo e piccoli tributari”.
Per cui, sottolinea l’Arpa, “la degradazione della sostanza organica convogliata repentinamente e in quantità massicce nel corpo idrico recettore può generare una forte sottrazione dell’ossigeno disciolto nell’acqua, facendone crollare la concentrazione e causando anossia dei pesci.” Una conclusione che, evidenziano ancora una volta gli esperti, dovrà tuttavia essere rivalutata “sia alla luce dei risultati delle analisi chimiche ancora in corso (pesticidi; ecc.), che delle evidenze anatomopatologiche e biochimiche ottenute dalle carcasse di pesce.”
Le ipotesi sul disastro
Le altre ipotesi prese in considerazione in questi giorni, oltre a una carenza di ossigeno nelle acque del fiume, parlano di un avvelenamento dovuto all’utilizzo di sostanze chimiche nelle campagne, come dichiarato da Raniero Maggini, Presidente del WWF Roma e Area Metropolitana. Ma anche di uno sversamento abusivo di sostanze tossiche, come riportato ieri da Repubblica. Che oggi, citando le indagini della Polizia fluviale, parla inoltre di una responsabilità diretta dell’amministrazione capitolina e della sua mancata cura dell’ambiente e la scarsa pulizia e manutenzione di strade e tombini.
Idrocarburi e metalli pesanti quotidianamente rilasciati da auto, moto e camion sulle strade della Capitale e che sarebbero finiti nel Tevere dopo le forti piogge del 24 agosto, arrivando così ad avvelenare i pesci. Ma nelle ultime ore si è fatta strada l’ulteriore ipotesi di un allaccio abusivo di un locale che al momento, sottolinea sempre Repubblica, non è stato trovato.
Sarà necessario attendere ulteriori aggiornamenti, anche se le cause possono essere diverse e non sempre individuabili. Anche presso l’Istituto zooprofilattico sperimentale del Lazio e della Toscana proseguono le analisi chimiche sui pesci morti nel Tevere. Intanto, nel rimpallo di responsabilità per ciò che riguarda la pulizia del fiume dalle carcasse tra Ama, Comune di Roma e Regione Lazio, si sono espressi gli assessori regionali Mauro Alessandri e Massimiliano Valeriani.
La Regione Lazio: pulizia e decoro sono compiti del Comune
La Regione Lazio ha comunicato oggi di aver inviato una nota all’Amministrazione capitolina, richiedendo un intervento urgente per la rimozione e lo smaltimento delle carcasse dei pesci presenti lungo le sponde del fiume nel tratto urbano del Tevere. Viene citato “l’articolo 184, comma 2 del D.L.gs n. 152/2006 e successive modifiche” che, classificando i rifiuti, racchiude ‘i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d’acqua.’
“Quindi è evidente che questo materiale inorganico rientra nella categoria dei rifiuti e la competenza del recupero e dello smaltimento spetta al comune in cui è stata rinvenuta la moria dei pesci, attraverso l’azienda di gestione dei rifiuti urbani che deve garantire la pulizia e il decoro della città” dichiarano nella nota Mauro Alessandri, assessore regionale alla Tutela del territorio, e Massimiliano Valeriani, assessore regionale al Ciclo dei rifiuti.
“Per quanto riguarda invece le competenze della Regione – aggiungono gli assessori – la normativa nazionale assegna la responsabilità per la gestione di aree fluviali e di pertinenze appartenenti al demanio idrico, di polizia idraulica e controllo territoriale, con l’obiettivo di ridurre il rischio idraulico e di garantire la funzionalità del bacino di competenza regionale. Pertanto – concludono – il comune di Roma dovrà intervenire tempestivamente con la rimozione, il trasporto e lo smaltimento delle carcasse dei pesci rinvenute sulle sponde del Tevere per tutelare la salute pubblica e scongiurare situazioni di degrado ambientale.“