Il caso
Morte Timtik, giustizia turca come quella italiana…
Il tragico, eroico e doloroso sacrificio dell’avvocato Ebru Timtik, morta in stato di detenzione al termine di un lungo digiuno di protesta contro la repressione del dissenso politico e la negazione dei diritti processuali da parte del governo turco, impone di denunciare come, in ogni parte del mondo, la difesa penale sia ancora aggredita mediante la sua delegittimazione e l’annientamento dei suoi più coraggiosi esponenti. Ebru Timtik era accusata di complicità con il suo assistito, detenuto politico, ed ha cessato di vivere in stato di custodia cautelare da quasi tre anni, in attesa di giudizio definitivo dopo una condanna a 13 anni di reclusione, insieme ad altri 18 avvocati.
Non conosciamo nel dettaglio le accuse che le sono state mosse, così come non sappiamo quali siano le formali motivazioni giuridiche che vorrebbero giustificare le accuse e gli arresti di tantissimi avvocati nel mondo. Quel che è certo è che nei regimi autoritari, così come nelle false democrazie, la difesa penale degli esponenti del dissenso viene sempre qualificata come correità nel delitto di opinione e l’avvocato difensore è considerato addirittura come soggetto più pericoloso del suo stesso assistito, perché possiede gli strumenti culturali e giuridici per dimostrare la falsità e la strumentalità dell’accusa. Purtroppo non siamo sorpresi: è la storia a dimostrare che, in ogni tempo e ad ogni latitudine, se c’è sempre un avvocato pronto a difendere i diritti di libertà, a rischio della propria vita, vi è anche un magistrato zelante che serve il potere costituito con la una accusa, la carcerazione e la condanna.
E nemmeno nel nostro paese siamo immuni da tale rischio: pur in un sistema politico pluralista, dobbiamo registrare da tempo come la difesa di un imputato di reato associativo comporti per l’avvocato il rischio di un’accusa di concorso nella ipotizzata organizzazione delittuosa. Ovunque e sempre è la mancanza della cultura del diritto penale liberale e del giusto processo a caratterizzare in senso repressivo la gestione del potere giudiziario ed a consentire che lo stesso diventi organico a quello politico. Solo l’effettiva libertà del difensore, che esercita un diritto ed adempie ad un dovere, è la fondamentale garanzia per il giusto processo, quella che Ebru Timtik ha cercato di difendere fino a consegnare la sua stessa vita al servizio di tale alta funzione.
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