L'intervento
Morti per Covid, comitato di parenti chiede la verità: ecco chi soffia sul dolore
Ormai siamo alla follia, e c’è qualcuno che soffia sul fuoco, illude e sollecita alcuni parenti di persone morte a causa di Covid-19 a denunciare tutto e tutti perché le “vittime” abbiano giustizia. “Vogliamo la verità”, scrivono sui cartelli, ma sono sempre meno i manifestanti che si presentano il lunedì davanti agli uffici della procura della repubblica di Bergamo. E di gradino in gradino, il Comitato che li mobilita è arrivato a inviare una lettera alla Presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen e al Presidente della Corte Europea dei diritti dell’Uomo perché esercitino un controllo diretto sul modo in cui vengono condotte le indagini dai pubblici ministeri italiani. Ora, ammesso che davvero siano in corso inchieste penali, è mai possibile che gli avvocati suggeritori siano così imprudenti da chiedere a organismi internazionali di controllare la correttezza dell’attività giurisdizionale fino a violarne l’autonomia?
Ma non è tutto. Queste persone – gli organizzatori dicono che provengano da diverse regioni italiane – mostrano risentimento un po’ nei confronti di tutte le istituzioni. Ma usano il linguaggio dei giorni in cui in Italia ci furono attentati e stragi. C’è da chiedersi come siano potute arrivare a sviluppare il concetto di “vittime”, quando parlano dei loro cari, e di conseguenza comportarsi come se qualcuno avesse volontariamente sparso il Covid-19 e ucciso. Non si arrendono al fatto che un virus così contagioso e così aggressivo abbia prodotto tanti danni e abbia colpito le persone più fragili, tra cui, ovviamente e tragicamente, tanti anziani. Così alcuni coltivano il rancore, che è un sentimento comunque poco consolatorio, nei confronti dei vertici di Regione Lombardia e altri imputano al Governo addirittura il reato di strage volontaria dovuta a biechi interessi economici per non aver dichiarato per tempo la zona rossa nei Comuni di Nembro e Alzano Lombardo e Orzinuovi.
Incredibile ma vero quel che si legge nel loro documento: «Se i pubblici ministeri dovessero stabilire che le mancate zone rosse appartengono alla sfera della politica piuttosto che al diritto penale risulterà chiaro come la decisione di non contenere la diffusione del virus, in accordo con i pareri della comunità scientifica, sia stata intenzionale». Intenzionale, chiaro? Ma non è tutto: «Una decisione deliberata di sacrificare vite umane, decine di migliaia di vite, per evitare le ripercussioni politiche derivanti dalla messa in sicurezza di tre città economicamente produttive del Nord Italia». Dichiarazioni di questo tipo dovrebbero portare come conseguenza a denunce penali per omicidi volontari e premeditati, oltre che per strage. Iniziativa che l’avvocata Consuelo Locati, che assiste il Comitato, si è ben guardata dall’avviare.
La legale bergamasco continua a ripetere che i loro esposti non sono diretti a far individuare responsabilità dei medici o di altri sanitari. Ma pare impossibile che un avvocato non si renda conto di quali siano gli eventuali (molto eventuali, per fortuna) sbocchi giudiziari delle loro iniziative? Il rischio molto concreto è che prima o poi, in questa ricerca affannosa della “verità”, si comincerà a dire che se il nonno o il papà sono morti è perché non sono stati ben assistiti o ben curati. E le responsabilità (sempre molto eventuali) ricadranno proprio sulla testa di quelli che, mentre si cantava sui balconi dicendo che tutto sarebbe andato bene, venivano definiti “eroi” e “angeli”. Mentre di medici ne morivano 170.
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