A distanza di più di un mese dal decesso di Wissem Ben Abdel Latif non si conosce ancora la dinamica che ha portato alla morte del tunisino di 26 anni nel reparto psichiatrico del San Camillo, dopo essere stato legato al letto per giorni. Dopo la rivelazione di Repubblica sulla documentazione mancante nella cartella clinica, e cioè la “scheda di utilizzo della contenzione fisica: misure assistenziali e monitoraggio”, arriva anche un ammonimento da parte della Regione Lazio che segnala gravi irregolarità del Servizio psichiatrico del San Camillo.

“Soprattutto al Servizio psichiatrico del San Camillo, la qualità della documentazione sanitaria ha mostrato rilevanti criticità”, scrivono in una nota dal Centro regionale Rischio clinico al termine dell’inchiesta interna voluta dalla direzione regionale Salute e ripresa dalla testata diretta da Maurizio Molinari.

Ma l’inchiesta della Pisana ha evidenziato un altro aspetto. Il giovane tunisino non è stato messo nelle condizioni di parlare con un mediatore culturale nella sua lingua. Nero su bianco, gli ispettori hanno scritto che “è emersa la difficoltà nel reperimento del servizio di mediazione culturale”.

La Regione ha “segnalato alla Asl Roma 3 l’importanza di revisionare le procedure clinico-operative per la corretta gestione delle complicanze gestite nel reparto comprese le attività di monitoraggio, segnalazione e gestione di eventuali eventi avversi”. Un punto fondamentale per fare luce sulla contenzione cui è stato costretto il ragazzo.

Nella relazione, la Regione spiega che ha concentrato l’inchiesta “dal momento del ricovero presso il Servizio psichiatrico del Grassi fino all’exitus (decesso, ndr) verificatosi presso il Servizio psichiatrico, di competenza della Asl Roma 3 all’interno dell’azienda ospedaliera San Camillo”. Gli ispettori danno indicazioni all’Asl Roma 3 al fine di attivarsi per determinare il superamento delle problematiche rilevate entro il 31 gennaio 2022.

Nel frattempo continua la richiesta dei legali della famiglia del giovane alla procura per ottenere un’integrazione della documentazione che manca dalla cartella clinica. E’ un documento fondamentale che potrebbe chiarire cosa sia successo nelle ore precedenti al decesso di Abdel Latif. Si tratta di un diario giornaliero sanitario dove vengono annotate per ogni paziente legato al letto lo stato di mobilizzazione, che dovrebbe avvenire ogni due ore, ma anche i parametri delle condizioni di salute come la pressione arteriosa e l’idratazione del paziente.

Ma gli avvocati hanno chiesto anche una copia delle registrazioni delle telecamere installate nella stanza in cui era ricoverato il giovane tunisino che sognava di vivere in Francia.

 

Redazione

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