È stato il presidente che ha aperto la Cina al “capitalismo”. Jiang Zemin è morto oggi all’età di 96 anni, come confermato dai media ufficiali di Pechino. Nato a Shanghai nel 1926, è morto di leucemia alle 12.13 di oggi nella sua città natale.

Ormai dal 2019 non si vedeva più in pubblico, la sua ultima apparizione era stata in occasione delle celebrazioni del 70° anniversario della fondazione della Repubblica Popolare cinese, poi le sue condizioni di salute sempre più precarie lo hanno costretto a eclissarsi in una dimensione privata.

Zemin ha avuto una carriera di lungo corso nel Partito: prima sindaco di Shanghai, poi segretario generale del Partito Comunista nel 1989, quindi presidente dal 1993 al 2003 prima di lasciare spazio al ‘regno’ di Hu Jintao.

A lui si devono due ‘rivoluzioni’: la prima è quella di stampo capitalista del Paese. Fu proprio Jang Zemin, primo alto dirigente a non aver combattuto nella rivoluzione comunista di Mao Zedong, a supervisionare l’adesione della Cina al Wto, l’Organizzazione Mondiale del Commercio, nel 2001. Sotto la sua guida la Cina ha vissuto anni di crescita imponente, ponendo le basi per rendere Pechino l’attuale gigante economico.

Allo stesso tempo Zemin seppe far uscire il Paese dall’isolamento diplomatico seguito alla strage degli studenti di Pechino, ai fatti di piazza Tienanmen che sconvolsero l’occidente, ricucendo i rapporti in particolare con gli Stati Uniti.

Eppure, di fronte a riforme economiche e aperture internazionali, sul fronte interno la repressione del dissenso restò sistematica anche nei suoi anni alla guida del Paese: fu infatti Zemin a bandire il movimento spirituale Falun Gong, mentre usò il pugno duro contro gli attivisti per i diritti civili.

Redazione

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