I dettagli
Moussa Sangare, il rientro in Italia e i problemi di droga: “Era completamente bruciato”. Lanciava coltelli ad un cartonato, ora in cella si è chiuso nel suo silenzio
Moussa aveva vissuto come un’ombra per mesi. Prima era ospite da amici, poi si era trasferito in una casa abbandonata alla periferia del paese, condivisa con altre persone. Il suo sogno era quello di diventare un rapper di successo, magari emergendo attraverso i talent show in televisione, dopo aver già assaporato un po’ di fama grazie alla sua firma accanto ai brani di trapper famosi su YouTube. Quegli anni in cui suonava con artisti come Izi ed Ernia, sotto il nome d’arte Moses Sangare, sembravano ormai lontani, nonostante le sue rime fossero un tempo virali sul web. Prima della pandemia, aveva lavorato in Inghilterra come lavapiatti, ma poi era tornato. E la sua vita era cambiata, fino a diventare il killer di Sharon Verzeni. A Suisio, Moussa era conosciuto come un ragazzo “sempre solare e sorridente”. Il proprietario della pizzeria dove lavorava prima di partire, lo descriveva come una persona disponibile e pronta ad aiutare i colleghi. Ma qualche altra descrizione ne traccia un ritratto tutt’altro che rassicurante.
Le liti in casa, i maltrattamenti e la droga
I vicini raccontano di averlo visto spesso seduto sul marciapiede davanti casa, con la testa tra le mani e uno sguardo vuoto. “Quando è tornato era cambiato. “Era completamente bruciato”, raccontano. Lo si vedeva consumare droga “qua nella via, in piazza, ovunque”. Prima che andasse a vivere in periferia con altre persone le liti in casa erano frequenti, culminate in episodi di rabbia e violenza contro la madre e la sorella. Moussa viveva in un appartamento al piano terra, un tempo occupato da un ragazzo africano sfrattato, mentre la madre e la sorella risiedevano al piano superiore. In casa, i carabinieri hanno trovato una sagoma umana cartonata usata per il lancio di coltelli.
Le tensioni aumentavano, fino a diventare insostenibili, tanto che le due donne, spaventate dopo l’ennesima notte di violenza, alla fine dello scorso anno lo hanno denunciato per maltrattamenti. Durante uno di questi episodi, Moussa aveva minacciato la sorella con un coltello e, qualche mese dopo, aveva anche paventato l’idea di incendiare la casa. Di fronte a queste minacce, la madre e la sorella avevano deciso di mandarlo via dall’appartamento al primo piano. La sua vita a Suisio, un piccolo paese di meno di quattromila abitanti nella Bergamasca, era segnata da difficoltà: la morte prematura del padre, la malattia della madre, e il desiderio di fuggire verso un futuro migliore nella musica, magari in Inghilterra o negli Stati Uniti, per lasciarsi alle spalle le sofferenze della sua infanzia.
Era stato portato in Caserma come testimone
Quando i carabinieri lo hanno trovato e fermato, Moussa vagava senza meta all’alba tra Chignolo d’Isola e Medolago. Decisiva è stata la segnalazione di due cittadini, che avevano notato un uomo in bicicletta lontano dal luogo dell’omicidio. Informazioni che hanno permesso alle forze dell’ordine di seguirlo fino a casa e di rintracciarlo. Mercoledì sera, Moussa era stato portato in caserma come testimone, ma la sua resistenza alla vista dei carabinieri e il suo racconto incerto hanno subito destato sospetti, portando infine alla sua incriminazione. Interrogato a lungo, è crollato e ha confessato ieri mattina: “Sono stato io, non so perché l’ho fatto”, ha detto al suo avvocato d’ufficio Giacomo Maj, che era stato chiamato alle 4 del mattino. Ora è in cella da solo, sotto stretta vigilanza e seguito dagli psicologi del penitenziario di Bergamo. Il ragazzo si sarebbe chiuso nel silenzio e finora avrebbe chiesto solo da bere.
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