Nel vuoto di potere, Movimento senza rotta
Movimento 5 Stelle allo sbando: tra nomine Rai e omofobia nessuno sa cosa fare
Più che sette saggi, sembrano i sette nani: lavorano nell’ombra, ma all’ombra dei due “giganti” Grillo e Conte che mantengono le rispettive posizioni. I sette (Vito Crimi, Ettore Licheri, Stefano Patuanelli, Davide Crippa e Tiziana Beghin, Luigi Di Maio, Roberto Fico) rispettano il silenzio stampa e provano a ristabilire la calma anche nelle chat interne. Hanno il non facile compito di “sminare il terreno”, correndo il rischio che corrono gli sminatori veri: di saltare essi stessi in aria, per primi.
Tra i sette nani, pardon: saggi, non figurano i numi tutelari, da Bonafede a D’Incà, dalla Lombardi (che rappresenta i Probiviri) a Fabio Massimo Castaldo, numero uno del M5S in Europa. Estromessi dalle trattative perché decisamente schierati con l’ex premier, confidano nei soli tre delegati fedeli a Conte: Crimi, Licheri e Patuanelli. Crippa e Beghin sono emissari del fondatore, mentre Di Maio e Fico proseguono nell’arte equilibristica della passeggiata sulla fune, mantenendo una posizione intermedia che va avanti per non cadere nel vuoto. Quanto a lungo, non è dato sapere. «Cercheremo di essere brevi, il tempo necessario ce lo prenderemo tutto. Non do indicazione di tempi. Su tutto il resto siamo in totale silenzio stampa. Stiamo lavorando per trovare una soluzione», dice il Ministro per le Politiche Agricole Stefano Patuanelli. Che però scivola sulla difesa d’ufficio: «Il rischio delle correnti nel M5S non c’è, non c’è mai stato e non ci sarà mai». Un wishful thinking cui segue, a una manciata di minuti, la più classica delle chiamate correntizie. Una lettera di sostegno a Beppe Grillo sottoscritta da oltre 100 tra attivisti e portavoce municipali, comunali e regionali del M5S per chiedere al garante di dare seguito alle parole del suo post “Una bozza e via”. La lettera è arrivata al fondatore facendo strame della mediazione dei pontieri.
«Caro Beppe Grillo, chi ti scrive sono quelli che sono stati definiti ed etichettati “dissidenti e nostalgici” – si legge nella missiva – e abbiamo l’urgenza che qualcuno riprenda la rotta partendo dal tuo post “Una bozza e via». Al Movimento mancava giusto l’appello interno con le cento firme – ai tempi del Pci si parlava di “firmamento” – per correre, come diceva Leo Longanesi, “in soccorso del vincitore”. I cento pregano Beppe Grillo di tenere duro e non concedere spiragli ai contiani. Ma chi sono? «Siamo quella comunità, grande e familiare, che aggrega chi si riconosce nei suoi valori fondanti e si difende compatta dagli usurpatori e stiamo provando a non far deragliare definitivamente il nostro “sogno”, quel sogno che tu e Gianroberto siete riusciti a creare». C’è dietro, sospetta più di qualcuno, Davide Casaleggio che è improvvisamente tornato in sella, e da Milano ha ristabilito un ponte con l’America Latina dove il “Che” di Vigna Clara, Alessandro Di Battista, risponde euforico: «Sono quattro mesi che indico da che parte stare, tra Grillo e Conte». E non contento, invita il Movimento a rimettere in discussione la permanenza al governo.
Sembrano sue le parole che riecheggiano tra le righe del documento al fiele firmato dai cento e recapitato ai giornali: «Abbiamo bisogno di cancellare molte cose del passato, molti “abusi di potere” troppe personalizzazioni, molti errori, tanti da aver spinto molti sognatori di utopia ad abbandonare desolati. E abbiamo bisogno di te, Beppe, abbiamo bisogno che tu, come noi, non ti faccia intimidire da chi nel giro di pochi anni da portavoce si è trasformato in eletto sentendosi fine stratega e grande statista, scollandosi totalmente dal territorio e imponendo decisioni calate dall’alto e pacchetti all inclusive di accordi, alleanze, sindaci e assessorati. Ci stanno fregando, Beppe, questi ci stanno fregando: dalle questioni ambientali alle grandi opere, ci stanno fregando!». Un tam-tam di guerra che dai territori è arrivato nei palazzi romani e mette in discussione la più discussa, contestata, controversa figura dell’era di Giuseppe Conte.
Traballa infatti la posizione di Rocco Casalino a capo della comunicazione del Movimento e di quella di Giuseppe Conte, un intreccio che all’improvviso stride, evidenzia il conflitto di interessi. Casalino si era da poco fatto rinnovare il contratto con il Movimento, e in ossequio al bicameralismo perfetto si era intestato fatto nominare a capo della comunicazione della Camera e del Senato, insediandosi con due uffici. «Preparerò i parlamentari per andare in televisione», aveva spiegato; in realtà costruendo un meccanismo di casting avrebbe continuato a lavorare per Conte, malignano negli uffici del gruppo M5S a Palazzo Madama, valorizzando probabilmente i contiani a discapito degli altri. Contiani e grillini hanno capito di doversi fidare poco gli uni degli altri. Le posizioni, al di là delle buone intenzioni, rimangono distanti.
«Bene la mediazione, ho sempre lavorato per una sintesi, ma restino i miei punti fermi», detta ai cronisti Giuseppe Conte. A chi lo frequenta l’ex premier, che ha preso un week end di vacanza, non sembra affatto rassegnato. Starebbe anzi lavorando a una duplice contromossa per far capire ai gruppi parlamentari chi è che comanda. Sul Ddl Zan è notoria la refrattarietà dell’ex premier, legato a doppio filo con un’area ben precisa del Vaticano; quando Renzi dice che a scrutinio segreto «la proposta Zan non passerà per le resistenze di Pd e M5S» parla soprattutto dei contiani. E se mercoledì è incardinata alla Camera l’elezione di due nuovi membri del Cda Rai, diventa insostenibile l’incertezza del primo partito che va all’appuntamento senza una strategia, un nome forte, un asse condiviso. Niente.
Si apprende intanto che Riccardo Di Stefano, presidente di Confindustria Giovani, ha invitato per la kermesse annuale – che questo fine settimana si svolgerà a Genova – il leader di ciascun partito (Salvini per la Lega, Letta per il Pd, Meloni per Fdi) e per il M5S ha invitato Giuseppe Conte, che ha accettato l’invito e confermato di essere presente in rappresentanza dei Cinque Stelle a Genova. Non si tratta solo di aver forzato un po’ la mano rispetto al delicato iter negoziale in corso ma, trattandosi di Genova, di andare a pestare i piedi a Beppe Grillo in casa sua. L’appuntamento è per venerdì 9 luglio. Presentarsi a Genova con la fascia di capitano del Movimento, ignorando i tempi dei sette saggi e il monito di Grillo, a due passi dalla villa in cui il comico siglò con Gianroberto Casaleggio l’atto di nascita dei 5 Stelle, equivarrebbe ad oltrepassare un Rubicone oltre il quale non c’è ritorno.
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