È che sembra andare tutto storto: spread che nel primo pomeriggio sale a 280 per poi chiudere a 251; Consiglio dei ministri convocato per approvare lo scostamento di bilancio e indispensabile per il decreto di Aprile, quello da 50 miliardi, rinviato per “problemi tecnici”; l’aula della Camera alle prese con il via libera per il Cura Italia 1, quello da 25 miliardi, bloccata in attesa di un nuovo accordo con le opposizioni; il timore che oggi il Consiglio europeo sulle misure anti Covid finisca con una fumata nera e la prospettiva dell’avvio di una speculazione internazionale micidiale per l’Italia.
Sta diventando tutto molto difficile per Giuseppe Conte e la maggioranza. Le opposizioni non aiutano. La maggioranza, specie i 5 Stelle, non si fida. Il premier ha già dimostrato di essere uomo di gomma e animale a sangue freddo, caratteristiche che in politica possono risultare utili. «Ma la sfida ora è troppo impegnativa e converrebbe allargare peso e responsabilità, difficile fare da soli», sussurrava ieri un deputato Pd nell’attesa di sapere se e quando l’aula della Camera dovrà votare la fiducia sul Cura Italia 1. «Queste misure – rifletteva il deputato – non stanno funzionando, occorre dare un segnale diverso sui territori, i cittadini ci chiamano, non arrivano i soldi della cig, chi va a chiedere il prestito da 25mila euro, quello che dovrebbe funzionare sull’autocertificazione, si sente chiedere anche venti documenti. Così non ce la facciamo». Se si aggiunge poi la Fase 2, dei cui criteri rimbalza tutto e di più e nulla di certo e garantito, il caos è totale. Inevitabile che i tempi morti in Transatlantico vengano occupati con una domanda: quale scenari oltre il Conte 2?
Se ne possono schematizzare almeno tre. Tutti devono fare i conti con due presupposti imprescindibili. Il primo: il Presidente della Repubblica ha sempre fatto filtrare che dopo la maggioranza giallo-rossa, avendo già fallito quella giallo-verde, non esistono altre opzioni possibili se non quella delle urne. Questo però valeva prima del Covid. Adesso tutto è stato rimescolato. La seconda: se parte una speculazione contro l’Italia, la priorità è salvare il Paese. E in quel caso scatta il whatever it takes. Politico e non finanziario. Ci sarebbe un terzo presupposto: Berlusconi, dopo l’intervista di Conte, ha smentito ogni ingresso di Fi in maggioranza.
Ma la politica è il teatro dove va spesso in scena l’impossibile. Il primo scenario prevede un Conte ter light, cioè una maggioranza giallo-rossa-azzurra e Italia Viva che non passa da una crisi di governo vera e propria con relative consultazioni e redistribuzione di incarichi ma allargherebbe la maggioranza a coloro che in era pre-Covid erano stati definiti i “nuovi responsabili”. E che oggi andrebbero a sostituire quei pochi, o tanti, tra i 5 Stelle che hanno deciso di seguire Di Battista perché ipercritici con l’ala governista che si sta mangiando uno dopo l’altro i saldi principi del Movimento. L’ultimo è il Mes, ormai nei fatti sdoganato con giri di parole che fanno poco onore a chi voleva aprire il palazzo come una scatoletta di tonno.
L’operazione giallo-rossa-azzurra, che vedrebbe Giuseppe Conte sempre al comando, è scattata ufficialmente domenica con l’intervista del presidente Conte a Il Giornale, il quotidiano di famiglia Berlusconi che ha come area di riferimento Forza Italia. Quella parte, almeno, che non si è ancora consegnata alla Lega sovranista e antieuropeista di Salvini. Si è materializzata martedì sera quando la maggioranza ha accettato di fare propri circa 18 emendamenti di Forza Italia al Cura Italia 1 che quindi dovrebbe essere approvato anche con i voti azzurri (che erano invece mancati in prima lettura al Senato). Ieri l’aula si è bloccata perché anche Fratelli d’Italia ha trattato per vedere riconosciuto qualche suo emendamento. Trattativa difficile, mal sopportata dai 5 Stelle.
Il secondo scenario prevede un’alleanza più strutturata giallo-pallida, rosso tenue, azzurra e Italia Viva che nasce da una sfiducia, dalla caduta di Conte e da un nuovo premier. Italia viva ha già fatto sapere che il Conte ter “non è tra le cose possibili”. Almeno per i renziani. I cui numeri però diventano decisivi per la nuova maggioranza. Questo secondo scenario passerebbe infatti dalla scissione dei 5 Stelle che si dividono tra europeisti e antieuropeisti. Le parole dell’eurodeputato 5 Stelle Ignazio Corrao (“se usiamo il Mes, il governo cade”) non sono state dette a caso. La mozione di Di Battista ha raccolto circa trenta firme tra deputati e senatori grillini. Un numero che farebbe venir meno la maggioranza che potrebbe essere garantita solo dall’ingresso di Forza Italia nel governo. Significa dare incarichi da ministro e sottosegretario sottraendoli al Pd o ai 5 Stelle. Il premier in questo caso non potrà più essere Conte. Sarebbe pronta la carta di “una personalità di area Pd”.
Il terzo scenario è il più drastico, è immaginato tra agosto e settembre e vede, purtroppo, l’Italia ridotta in macerie per via degli attacchi speculativi contro un’economia ferma e un governo che ha ancora un largo pezzo di sé fortemente antieuropeista. «In piena estate, sotto attacco delle borse e dello spread – ragionava ieri un ticket di deputati Pd e Italia viva – alle prese con una manovra di almeno altri 60 miliardi che farà schizzare oltre 150 il rapporto deficit/pil, potrà provare a salvarci solo un tecnico a capo di un’alleanza politica in cui dovranno impegnarsi tutte le forze politiche, anche Lega e Fratelli d’Italia, per salvare il paese». È lo scenario Draghi. O Colau. O qualche altra riserva della Repubblica chiamato a rimboccarsi le maniche per salvare il paese.