Tutti accusano tutti: è il solito teatrino
Napoli è alla deriva ma la politica inaugura il festival delle accuse
“Ho la sensazione che la gente agisca sempre meno e parli sempre di più. Su qualunque questioncina ci si scontra, si discute, ma poi, quando c’è da spostare una sedia, non la sposta nessuno!”. Sono sicura che Giorgio Gaber non pensava a Napoli mentre scriveva queste sue impressioni, ma è altrettanto sicuro che se non tutti, la maggior parte dei napoletani si rispecchia in questa sensazione: una valanga di parole e poi? Se c’è da spostare una sedia o trasformare i proclami in azioni, non si muove nessuno. La sindacatura di Manfredi ha festeggiato da poco i primi cento giorni e i toni dimessi ben diversi dal sindaco uscente avevano fatto sperare anche in una governance diversa.
Certo qualcosa è stato fatto, ma è ancora poco per Napoli, e ci sono state più lamentele e liste infinite delle cose che non andavano (di cui tutti eravamo a conoscenza) che fatti. Ieri ad alzare la voce e a bacchettare il sindaco è stata l’opposizione. Innanzitutto, fa piacere notare che in questa nuova stagione politica almeno un’opposizione c’è, anche se per il momento solo a parole. «I primi 100 giorni Manfredi? Solo proposte, i cittadini non vedono cambio di passo – ha tuonato Catello Maresca, leader del centrodestra in consiglio comunale – Ci sono state proposte, progetti, programmi, ma credo che i cittadini purtroppo non abbiamo ancora visto nulla. I famosi 100 giorni sono passati così – ha aggiunto Maresca – con l’immondizia che si accumula ancora per le strade, con la richiesta di sicurezza e con il decoro urbano che è sempre lo stesso». Poi l’affondo del magistrato prestato alla politica sul Patto per Napoli e l’aumento delle tasse. «I napoletani sono cittadini o sudditi? Aumentare le tasse è la strada più semplice – ha affermato Maresca nel corso della conferenza stampa sul Patto per Napoli, tema che oggi sarà al centro di una seduta monotematica del Consiglio comunale – Noi proponiamo di evitare la strada più semplice. Non mi sembra che la maggioranza, in campagna elettorale, abbia promesso l’aumento delle tasse».
Per ora si tratta di parole, speriamo diventino fatti e speriamo che non si ripeta un film già visto, quello di una destra all’opposizione che con de Magistris ha taciuto sia sul bilancio dissestato (spesso votando a favore del sindaco) sia sulla questione delle telecamere non attive. E a proposito di parole e proclami ma non di concretezza, ieri sulla questione della videosorveglianza è intervenuta anche il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese sottolineando che dopo tre mesi il Comune non ha ancora presentato dei progetti validi e che una telecamere su quattro in città non funziona. Manfredi ha temporeggiato e ripetuto per la centesima volta in cento giorni che serve tempo, che ha trovato una macchina comunale disastrata e che a breve farà tutto. A breve… nel frattempo, la città è terra di nessuno: si spara, si appiccano incendi e nessuno dice niente. Serve tempo. Quanto sarebbe bello vivere in una città dove quello che si pensa si fa e non si dice soltanto? Molto.
Nel frattempo, ieri, anche l’opposizione che fa capo alla sinistra ha avuto da ridire sull’operato di Manfredi, ma da che pulpito viene la predica? Da Alessandra Clemente, braccio destro del sindaco con la bandana arancione. «Il patto per Napoli è un bluff politico. Lo Stato ci chiede di aumentare le tasse e di tenere le porte aperte alla svendita e alla privatizzazione di Beni Comuni e servizi pubblici. Chiederemo con un ordine del giorno che ci sia lo stralcio dell’art.6 del Ddl Concorrenza che prevede la privatizzazione dei servizi pubblici della nostra città e la svendita dei nostri beni più importanti». Ecco, i beni più importanti che l’amministrazione, della quale lei ha fatto parte per dieci anni, ha distrutto. Secondo la Clemente i privati non devono mettere piede nella cosa pubblica, tralasciando quanto invece servirebbe il know how che il Comune ha abbondantemente dimostrato di non avere, perché «vogliamo di più per le napoletane e i napoletani». Gli stessi che stanno ancora aspettando le scuse e un mea culpa da chi ha ridotto in brandelli la città.
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