Il primo requisito di un amministratore pubblico dovrebbe essere la capacità di ascolto, cioè di interpretare le esigenze e gli stati d’animo della popolazione. Il che equivale a dire che un amministratore pubblico non dovrebbe mai soffiare sul fuoco della tensione sociale, soprattutto quando quest’ultima smette di covare sotto la cenere. «Poca favilla gran fiamma seconda», diceva il Poeta. Ecco, a Napoli e in Campania avviene l’esatto contrario. I principali attori della scena politica, più o meno consapevolmente, alimentano quella tensione che oggi rischia di esplodere in maniera ancora più violenta di quanto non abbia fatto poche settimane fa.

Ieri, al termine della seduta del Consiglio comunale sul bilancio puntualmente sciolta per mancanza del numero legale, il sindaco ha dovuto fare i conti con gli Lsu che chiedevano lumi sulla stabilizzazione dei loro posti di lavoro. Messo alle strette, il primo cittadino, che in caso di bocciatura del documento contabile sarebbe costretto a chiudere in anticipo la sua esperienza a Palazzo San Giacomo, è stato chiaro: «Per procedere alle stabilizzazioni dobbiamo approvare il bilancio» e quindi «è necessario che Napoli abbia un’amministrazione». Tanto è bastato perché alcuni Lsu intimidissero i consiglieri ritenuti responsabili del mancato svolgimento della seduta e della conseguente mancata approvazione del bilancio. Le parole di de Magistris non hanno fatto altro che accrescere il livello della tensione sociale, già alto a causa della crisi sanitaria ed economica innescata dal Covid.

Gli altri rappresentanti delle istituzioni, però, non sembrano comportarsi diversamente. Basti pensare al governatore Vincenzo De Luca che, per richiamare i cittadini alla responsabilità e dare una strigliata al governo Conte, è arrivato a mostrare la tac polmonare alla quale era stato sottoposto un paziente gravemente malato di Covid. A suo tempo, sommato al discorso sulla Campania «a un passo dalla tragedia» e alla richiesta di un lockdown immediato, quel gesto ha ulteriormente esasperato gli onesti, già provati dalla crisi, e ha fornito un pretesto ai criminali, sempre pronti a mettere a ferro e fuoco Napoli. Oggi il governatore rivolgerà il suo consueto messaggio ai campani e farà bene a misurare attentamente gesti e parole. Anche perché la tensione è a livelli altissimi per il possibile passaggio della Campania dalla zona gialla a quella arancione o addirittura rossa, in cui il rischio di diffusione del Covid è tale da giustificare misure di contenimento più restrittive.

La decisione arriverà oggi, in un clima esacerbato dal balletto di indiscrezioni e smentite al quale un governo di improvvisati ci ha abituato.
Lo tengano presente il premier Conte e i ministri Speranza e Boccia. Soprattutto quest’ultimo che ieri è arrivato a dire che gli italiani potranno trascorrere le vacanze di Natale soltanto con i parenti stretti: roba da Stato etico, a voler essere teneri. In definitiva, la tensione è alle stelle non solo per colpa del virus, ma anche di pessime strategie amministrative e comunicative. A ottobre, con la rivolta di Napoli, abbiamo avuto un assaggio di quello che può succedere quando si getta benzina sul fuoco più o meno consapevolmente. Adesso non si ripeta lo stesso errore: in quel caso, non ci si potrà più nascondere dietro camorra, destra antagonista e centri sociali.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.