La pandemia da Coronavirus, costringendoci in casa, ci aveva abituati male. Strade senza traffico, cielo più azzurro del solito, mare trasparente in splendide giornate di sole, dalle finestre si risentiva perfino il cinguettio degli uccelli. In quasi tre mesi di lockdown ha sofferto molto il verde cittadino, dimenticato dal Comune e dal piccolo nugolo di giardinieri perché, con il blocco dei cantieri e di quasi tutte le attività lavorative, anche nei 53 parchi e giardini il verde è stato invaso e sopraffatto dalle erbacce. Sono serviti mesi di lavoro in villa comunale per ridare un’immagine appena soddisfacente alle aiuole che somigliavano a impraticabili giungle. Un momentaccio per parchi e giardini e per l’intera città che pur godendo (molto sulla carta) della cospicua presenza di 53 aree verdi; affanna drammaticamente per la loro manutenzione anche solo ordinaria. E se manca il bicchiere d’acqua per calmare la sete, diventa un problema mettere in campo progetti ordinari e straordinari che invece del bicchiere o della bottiglia richiedono programmazione e investimenti seri e impegnativi. Impazzano le allergie, aumentano i casi di asma in bambini e adulti per il proliferare delle graminacee che in città crescono spontaneamente tra marciapiedi e muri dei fabbricati.

Da ieri almeno un angolo della città – i Camaldoli – ha finalmente recuperato il parco urbano che si estende su circa un milione di metri quadrati, a ridosso del monastero dei monaci camaldolesi, famoso come eremo dei Camaldoli. Un intervento costato circa un milione e 800 mila euro messi a disposizione dalla Città Metropolitana che consente ai napoletani di riprendere possesso di una grande area che garantisce una vista panoramica sulla città, sui Campi Flegrei e sulle isole passeggiando in un bosco di castagno quasi puro. Il parco urbano si presenta con una nuova pavimentazione, sono stati rifatti i cordoli delle aiuole, sono stati sostituiti la recinzione e l’impianto di illuminazione, sono solide le balaustre in legno, nuovi gli arredi, i cestini, le panchine, i servizi igienici e i locali del personale. Bene, in una città che purtroppo nelle sue dieci municipalità trascura e spesso offende parchi e giardini che dovrebbero rappresentare uno sfogo, un punto di ritrovo e di aggregazione per i cittadini che da anni sopportano parchi chiusi e inagibili. Da sempre combatte per il verde nel Vomero Gennaro Capodanno, presidente del Comitato Valori Collinari.

Ma con amarezza ammette che le sconfitte lo tormentano: «Nel marzo del 2019 il sindaco de Magistris, rientrando da Roma, annunciò che per la Floridiana era programmato un finanziamento di due milioni di euro. Diciotto mesi dopo di quella cifra non si è visto un solo euro: la Floridiana è stata al centro di due inaugurazioni-farsa. La prima volta è stata aperta la porta di via Falcone, la seconda volta altri due varchi in via Cimarosa, ma chi ci entra non può frequentare i sette ettari del parco perché lì dentro, circondati da gabbie di ferro, si ha l’impressione di trovarsi in una prigione, non in un parco». Manca la cultura del verde e anche l’affidamento delle aiuole ai privati si conferma un investimento a perdere perché di strada in strada, di quartiere in quartiere, da municipalità a municipalità c’è chi cura le aiuole, ma molti “tutori” del green hanno interesse solo a sistemare nell’aiuola il proprio cartello pubblicitario che viene poi circondato dalle erbacce.

«Il Comune è fiero della cospicua presenza del verde in città, gestisce 53 parchi e giardini – ricorda Capodanno – ma dimentica di dire che ogni abitante dispone di circa mezzo metro quadrato di verde. Quando insegnavo ricordavo ai miei studenti l’importanza della sintesi clorofilliana e raccomandavo: di curare le piante perché da queste dipendono la qualità dell’aria che respiriamo e la nostra vita. Girando di quartiere in quartiere vedo aiuole abbandonate e piene di cartacce e bottiglie vuote. Questa è la brutta immagine di una città che, trascurando parchi, giardini, aiuole e semplici fioriere, sta morendo perché anche in quei luoghi dove si dovrebbero trovare alberi rigogliosi, roseti, cespugli di ortensie, margherite e di altri fiori si scopre che il degrado ha preso il sopravvento su tutto. Il Comune si muove con lentezza, la burocrazia blocca ogni iniziativa in favore del verde e anche il personale che dovrebbe occuparsi di parchi e giardini è anziano: il più giovane ha sessant’anni. L’incuria sul verde – conclude Capodanno – è il segnale di una città in degrado quotidiano».