Dopo le illusioni agostane, giunge per Napoli l’ora della verità. Il nostro settembre non sarà nero come quello dei Palestinesi in Giordania nel 1970, ma certamente molto impegnativo. Per il Napoli, dopo la sosta delle nazionali arrivano due partite chiave contro Juventus e Leicester, per testare le effettive ambizioni della squadra in serie A e in Europa League.

La Juve sembra messa male, dopo l’avvio stentato e per le molte assenze, ma pure il Napoli arriva con il fiatone alla partita più sentita, madre di tutte le battaglie pallonare del Belpaese e specchio ustorio di rivalità storiche e sociali prima che sportive. Il centrocampo è ridotto all’osso causa infortuni e mister Luciano Spalletti sarà costretto a gettare subito nella mischia l’ultimo arrivato, Zambo Anguissa. Grazie a due voli intercontinentali, David Ospina e Victor Osimhen arriveranno invece all’ultimo secondo, ma saranno comunque titolari perché le seconde linee sono miseramente affondate contro il Benevento, in una serata disastrosa sia per lo spettacolo in campo sia per la gestione demenziale degli ingressi allo stadio Diego Armando Maradona.

In quelle file chilometriche, che hanno costretto all’abbandono tante famiglie che speravano di godere di una tranquilla serata di sport, c’è la metafora precisa di una città scassata, incapace di organizzare persino un servizio elementare, e di una società sportiva in evidente declino, che di “europeo” conserva solo il prezzo delle curve contro la Juve. Lo stadio sarà comunque sold out o giù di lì, complice la capienza ridotta al 50% causa Covid, per una sfida incerta che dirà molto sulla stagione del Napoli. Anche la campagna elettorale è entrata nel vivo, senza sfuggire ai soliti cliché ben noti ai napoletani: l’assedio quotidiano di un esercito di candidati improvvisati, alcuni dei quali così improbabili da far storcere il naso a destra e a sinistra, le mazzate alla presentazione delle liste, la comparsa tra i rioni di pop-up store elettorali dell’ultimo miglio, i classici comitati, uffici, segreterie e vasci nei quali si eserciterà la pesca miracolosa delle preferenze per qualche settimana.

Così fan tutti, dunque non è questo che determinerà in toto il risultato del primo turno che potrebbe invece essere terremotato se la momentanea esclusione di quattro liste del centrodestra venisse confermata dalla giustizia amministrativa. Se, infatti, appare scontato il vantaggio dell’armata Brancaleone di Gaetano Manfredi, al punto che l’ex rettore ha poco elegantemente rifiutato il confronto pubblico con gli altri candidati, sempre più incerta appare la corsa al ballottaggio tra un pm in evidente affanno e un ex sindaco che avanza con passo cadenzato da esperto scalatore. L’arrivo di Antonio Bassolino al ballottaggio, dopo una rincorsa lunga otto mesi e a distanza di 28 anni da quello del 1993, sarebbe un fatto clamoroso ma forse non così sorprendente, almeno a dar credito al clima che si comincia a respirare in città. Algo de pelicula, una storia da farci un film magari con il volto di Toni Servillo, icona partenopea dell’ultimo Festival di Venezia. E siccome è Napoli la vera capitale del cinema italiano, tutto è possibile.