Tanto tuonò che piovve. A Empoli le crepe e gli scricchiolii che avevano afflitto il Napoli da Cagliari in poi sono diventati irresistibile frana nel giro di dieci minuti, condannando la squadra a una umiliante sconfitta e all’abbandono del sogno scudetto. La partita è stata un disastro, ingiusto castigo per le migliaia di tifosi al seguito travolti nel fisico e nel morale dalla tempesta empolese, ma il post gara è stato persino peggiore. In poche ore, il Napoli è passato dal “ritiro permanente” alle cene psicoterapeutiche di gruppo.

Il Presidente Aurelio De Laurentiis ha ammesso di aver scelto la soluzione arcaica del ritiro per rabbia, annullato poi dopo un duro confronto con l’allenatore Luciano Spalletti. Come sempre nei momenti di crisi, è toccato al Presidente il ruolo di tutte le parti in commedia: mental coach dei calciatori, dirigente accompagnatore in sostituzione del figlio Edo, giovanotto irascibile e chiaramente inadatto a un compito che nelle altre squadre di vertice tocca a Nedved, Maldini o Zanetti; addetto stampa in sostituzione del confuso Baldari e responsabile marketing al posto dell’assente Formisano, per cercare di convincere i riluttanti tifosi a non lasciare deserto il Maradona contro il Sassuolo, come invece accadrà. L’interventismo del Patròn potrà sembrare encomiabile, e certamente apprezzabili sono state le sue scuse ai tifosi, ma è in realtà la conferma più spietata dei limiti attuali della SSCN.

Un’azienda a conduzione autarchica e patriarcale, con un modello gestionale e una popolazione manageriale completamente inadeguati per una S.p.A. da oltre duecento milioni di fatturato. De Laurentiis ha detto che “ora come ora” non ha nessuna intenzione di cedere il Napoli, ma le smentite a volte servono solo a confermare le indiscrezioni. La scelta tra Napoli e Bari è ormai alle porte, e quanto accaduto negli ultimi giorni rappresenta ben più di un campanello di allarme: a Bari si aspettano investimenti e un mercato di livello per puntare alla Serie A, mentre a Napoli è chiaro ormai a tutti che la piccola bottega familiare di lusso, attraente ma senza uno straccio di investimenti strutturali, non basta più per rimanere ai vertici del calcio italiano.

Anche il Sindaco Gaetano Manfredi deve fare i conti con i nodi che cominciano a venire al pettine. L’arrivo di un commissario al posto dei mai nominati assessori delle Municipalità, la distanza sempre più evidente tra Comune e Regione su temi strategici come il destino dell’ANM o i finanziamenti alla cultura, la sensazione crescente di una giunta orientata solo all’amministrazione dell’ordinario, da cui si lascia travolgere con qualche dichiarazione troppo fatalista, sono eventi che non possono essere salutati con una scrollata di spalle e una fiducia incrollabile nel Pnrr o nel Patto per Napoli. La città ha bisogno di una guida politica forte ed autorevole, e non di turisti per caso.